Frontiere chiuse e ricatti economici, l'Europa affronta così l'emergenza profughi.
Migliaia di profughi siriani arrivano ogni giorno in Grecia. Nonostante le difficoltà economiche, grande è la solidarietà del popolo greco.
Sono migliaia i profughi siriani che arrivano in Grecia. Centinaia ogni giorno. Il flusso è continuo da mesi, arrivano con barconi più o meno sgangherati, ma anche con enormi gommoni dal valore di migliaia di euro. Alcuni hanno il salvagente. Non tutti possono permetterselo economicamente. Un salvagente arriva a costare anche cinquecento euro, ma in molti casi può salvare la vita dei propri figli. Molte famiglie che arriva sulle coste greche sono state vittime dell'ignobile tratta dei profughi che avviene in maniera organizzata sulle coste turche. I profughi vengono concentrati, organizzati e in molti casi costretti a partire da chi ogni giorno diventa sempre più ricco sfruttando la disgrazia altrui. Una piccola parte può comprarsi un gommone e sceglie se e quando affrontare il viaggio.
La stragrande maggioranza sono nuclei familiari, uomini e donne con i propri figli. Arrivano sulle coste delle isole greche più vicine alla Turchia. Le immagini che ogni giorno arrivano nelle case di tutta la Grecia tramite la televisione sono agghiaccianti e eloquenti del dramma che in migliaia stanno vivendo grazie all'idiozia della guerra.
Sono tantissime le persone ammassate nei porti, nelle piazze e nei giardini delle piccole cittadine delle isole. Non hanno niente con se. Ma se pur liberati di tutti quei particolari e oggetti che immediatamente ci comunicano lo stato sociale e culturale di una persona, guardandoli, ci si può immediatamente rendere conto che non sono per niente diversi da noi. L'unica differenza è il foulard che copre la testa delle donne. Non stanno arrivando sulle coste europee per per motivi economici o per trovare un futuro migliore di quello che pensavano di avere in Siria in un recente passato. Sono persone di ogni genere che arrivano. Ingegneri, dottori, insegnanti, commercianti, tecnici, operai, impiegati, agricoltori etc.. tutta gente che un lavoro ce l'aveva. Questo lo si capisce immediatamente con uno rapido sguardo, in molti, non potendosi portare con se altro, hanno con se il proprio smartphone, come a voler tenere stretta a se l'ultima particella di una normalità che si sono lasciati alle spalle.
Appena arrivati sulle coste greche trovano la solidarietà di molte centinaia di volontari che da mesi si alternano sulle isole più esposte all'arrivo dei profughi, offrendo soccorso e logistica per organizzare nella maniera migliore le centinaia di persone che ogni giorno arrivano. È un lavoro difficile, tutti devono mangiare, devono bere, devono dormire, e devono avere dei servizi igenico sanitari di base. Tutto questo in uno spazio limitato e geograficamente isolato come le isole dove le strutture sanitarie e di emergenza sono piccole e a misura di una popolazione che spesso conta solo poche centinaia di persone.
In genere i profughi passano sulle isole solo pochi giorni e poi vengono imbarcati sui traghetti e portati sulla terra ferma.
Questi che sono arrivati sui barconi al freddo e alle intemperie, che sono rimasti accampati per alcuni giorni sulla banchina del porto in tende di fortuna, che sono riusciti a restare uniti ai propri figli, questi sono i "fortunati". Per altri, molti altri, questa "fortuna" non c'è stata. Sono centinai i morti annegati, in maggioranza sono bambini. Sono strazianti le immagini delle loro salme allineate sulle spiagge. Ancora più straziante sono le immagini dei loro genitori li a piangerli.
In tanti hanno perso un pezzo della propria famiglia. Sono centinaia i bambini orfani o non accompagnati che si contano nei centri di accoglienza gestiti dalle varie organizzazioni non governative in azione sul territorio greco. Questa è un'enorme tragedia nella tragedia.
Pescatori, nonnine e semplici persone delle isole sono diventati eroi di tutti i giorni offrendo soccorso e ospitalità ai profughi. Le storie che conosciamo ci arrivano tramite la televisione, sono storie emozionanti e commoventi, a raccontarle sono le stesse persone che le hanno vissute.
Si ascoltano con un nodo alla gola che spesso tarda ad andarsene e che per alcuni minuti ti costringe a stare in silenzio. È un silenzio rispettoso verso la figura di un pescatore con il viso bruciato dal sole che racconta di aver salvato con la sua piccola barca decine di persone in mezzo al mare, che piange ricordando di aver fatto il possibile, senza riuscirci, per salvare un bambino assiderato dal freddo, oppure il racconto di una vecchietta vestita di nero che tiene in braccio un bambino piccolo, lo nutre con un biberon mentre ci racconta che è l'unico superstite della sua famiglia. Anche questa vecchietta piange raccontando la storia di questo neonato, piange pensando a come la disgrazia dell'umanità non finisce mai e si ripete in maniera perpetua, la tragedia della fame e delle mille sofferenze che lei stessa ha vissuto durante la sua infanzia nella seconda guerra mondiale e poi nella guerra civile si ripete nella tragedia del popolo siriano.
Ogni giorno migliaia di profughi raggiungono Atene e da li, fino a pochi giorni fa, si mettevano in cammino per arrivare alla frontiera. Pochi vogliono restare in Grecia, quasi tutti sono decisi a proseguire il proprio viaggio verso altri paesi. Adesso i confini sono chiusi, ma sono in molti a non saperlo, non è facile far arrivare l'informazione a tutti. È così che molti affrontano il viaggio a piedi, dirigendosi comunque verso il confine nord. Gruppi composti da numerose persone, con bambini di ogni età al seguito, avanzano a passo d'uomo.
Al ridosso della linea di confine sbarrata si è formata una tendopoli di migliaia di persone che aspetta in vano la possibilità di continuare il proprio viaggio. Vivono in tende di ogni tipo e negli ultimi dieci giorni hanno dovuto sopportare piogge battenti e basse temperature. Molti bambini sono malati, con febbre e raffreddore.
Si calcola che, dall'inizio dell'ondata di profughi, hanno attraversato la Grecia più di 900.000 persone. Sono tanti, sono tanti soprattutto se pensiamo che la Grecia è un paese in crisi e con limitatissime possibilità. Ma la solidarietà non si ferma. In ogni città vengono raccolti generi di prima necessità come cibo in scatola, frutta secca, biscotti, latte UHT, latte in polvere, carta igienica, sacchi a pelo, medicinali etc.. I generi raccolti devono avere un alto contenuto calorico ed essere confezionati in maniera singola, devono essere in poche parole adatti a condizioni di sopravvivenza, perché proprio queste sono le condizioni che affrontano le famiglie ammassate ai confini da giorni.
L'Europa che spesso si è riempita la bocca con parole di civiltà, che si è presa la briga di andare a ristabilire con guerre e con missioni militari i diritti umani di questo o di quell'altro paese, che si vanta di essere un baluardo in difesa di democrazia e giustizia e contro la barbarie. Adesso che potrebbe dimostrarlo concretamente il proprio attaccamento ad una cultura che mette al centro l'uomo e l'umanità e che ha radici nella storia più remota, cosa fa? Chiude le frontiere.
Sembra che i confini della Grecia non siano i confini dell'Europa.
Il problema causato dall'arrivo dei profughi viene usato in Europa come ennesimo attrezzo di pressione e ricatto economico per estorcere il più possibile alla Grecia. Per un lungo periodo l'Unione Europea ha cercato di convincere il governo greco che la soluzione migliore per arginare l'ondata dei profughi era quello di respingere le loro imbarcazioni. Questo, che non è stato accettato dal governo, come potete immaginare avrebbe causato la morte di un numero enorme di persone. Infatti è impensabile respingere un'imbarcazione con bambini, specialmente dopo un viaggio ai limiti della sopportazione umana. Intanto, gli stessi che proponevano di applicare questa barbarie ai danni dei profughi siriani, hanno versato ragguardevoli somme di denaro alla Turchia per la gestione dei profughi siriani, profughi che in parte la Turchia stessa produce appoggiando economicamente lo Stato Islamico e bombardando le postazioni Kurde che di fatto sono l'unica vera resistenza sul campo contro l'Isis.
Il ministro dell'economia Schäuble ha dichiarato meno di una settimana: "la Grecia non deve usare la questione profughi come scusa per ritardare la valutazione sulle riforme". Altri ministri dei "nuovi" membri dell'Unione Europea hanno spudoratamente intimato alla Grecia di tenersi i profughi in cambio di una revisione del debito. È grande la fiera delle atrocità dette da primi ministri e vari di tutta Europa sulla questione profughi.
Il governo greco ha provveduto fino ad oggi a fornire almeno tre pasti al giorno a tutti. Lunghe file di persone aspettano pazientemente il proprio turno ai punti di ristoro organizzati dal governo e dai volontari. I rifornimenti che vengono comprati e destinati ai profughi sono stati esentati dalla tassa dell'IVA e un listino prezzi speciale con prezzi ribassati è stato imposto dal governo a tutti gli autogrill che si trovano sul percorso da Atene alla frontiera nord della Grecia, questo per evitare sciacallaggi commerciali ai danni dei profughi siriani.
Verranno dati dei contributi economici dal governo a coloro che decideranno di ospitare famiglie con bambini a casa propria. Il contributo varia a seconda dei casi e può arrivare fino a 800 euro al mese.
Su tutto il territorio greco sono in funzione degli hot spot ovvero dei centri di accoglienza dove i profughi possano stazionare in condizioni meno precarie. Ogni giorno migliaia di profughi vengono invitati a soggiornare nei centri di raccolta dislocati su tutto il territorio greco.
Se da una parte la reazione xenofoba dell'Europa è disarmante, anche all'interno della Grecia si ascoltano proposte deliranti. Il nuovo leader di Nea Dimokratia, Kiriakos Mitsotakis ha proposto che gli hot spot siano di tipo chiuso, ovvero una sorta di lager da dove i profughi non possano uscire e contemporaneamente vede la risoluzione del problema nel cambio di definizione e quindi del loro trattamento. Da profughi come vengono accolti e definiti adesso a clandestini illegali, con il trattamento che ne consegue. Ancora peggio è la soluzione proposta da Chrisi Avghi, il partito nazista greco che sempre di più sembra essere in buona compagnia in Europa. Loro hanno proposto la chiusura forzata dei profughi in campi di concentramento, come Nea Dimokratia, con la differenza dell'obbligo dei lavori forzati. Questo per ripagare "l'ospitalità".
Per il momento la solidarietà del popolo greco verso i profughi è più forte.
Questo, secondo me, per due ragioni fondamentali.
La prima è che le famiglie di profughi siriani assomigliano in maniera perfetta alle famiglie greche, sia somaticamente che nel modo di vestirsi, a parte il particolare del foulard in testa alle donne.
Nel loro esodo dalle coste turche il popolo greco rivede in qualche maniera la propria storia, rivive l'esodo dei greci dall'Asia Minore avvenuto nel 1922, quando intere famiglie di greci furono allontanate in massa dalle coste turche dell'Egeo dove vivevano da sempre. Venne cioè fatta una pulizia etnica che coinvolse milioni di grecofoni. Questi bambini in braccio ai propri genitori che sbarcano sulle isole greche sono drammaticamente uguali alle foto in bianco e nero dei libri di storia, l'unica differenza è l'abbigliamento moderno, le facce sono le solite.
Penso che se le stesse scene di sbarchi fossero con famiglie dell'Africa nera la reazione sarebbe ben diversa. Sarebbero in molti meno a immedesimarsi con quelle famiglie, con quei bambini.
La seconda ragione è il lavoro ottimo che sta facendo la televisione di stato ERT, ripristinata da pochi mesi dopo la chiusura forzata dell'ex governo di Nea Dimokratia.
Ogni giorno viene fatto il punto della situazione sia in TV che via radio e le raccolte di generi alimentari e il lavoro dei volontari vengono coordinati in maniera organizzata da uno speciale notiziario che va in onda più volte al giorno. I profughi sono descritti per ciò che sono, cioè come profughi e non come clandestini. Vengono descritte le loro condizioni precarie e le difficoltà che ne derivano. Vengono raccontare le loro storie. Il tentativo della televisione di stato è mirato ad abbassare il sentimento fisiologico di insicurezza che un popolo ha rispetto all'invasione di migliaia di persone straniere che avviene ogni giorno. Non voglio neanche immaginare ciò che sarebbe successo se la gestione mediatica fosse stata monopolizzata dalle tv private, sicuramente ci sarebbero già stati atti tremendi di razzismo.
In Italia, da una ricerca veloce che ho fatto prima di scrivere questo articolo, il problema profughi siriani sembra non esistere. In alcuni articoli vengono addirittura descritti come dei benestanti che arrivano alle 11 di mattina con i gommoni nei porticcioli delle isole greche e la prima cosa che fanno è andare a cercare un bar per connettersi a internet con il proprio smart phone e magari farsi un selfie davanti al molo.
Dell'apocalisse che migliaia di famiglie vivono per mare e per terra non vi è traccia o quasi.
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Questo blog vuole informare su come e quanto sta cambiando la vita di tutti i giorni in Grecia. L'intervento del Fondo Monetario Internazionale, BCE e dell'Unione Europea sta riducendo la Grecia a un paese in cui sarà difficile vivere. Non sono un giornalista e su questo blog voglio raccontare la vita di tutti i giorni, la mia esperienza diretta di come siamo costretti a "sopravvivere in grecia".
Alla pagina dei video di questo blog puoi vedere il nuovo documentario CATASTROIKA con sottotitoli in Italiano e il documentario DEBTOCRACY International Version con sottotitoli in inglese. Molto consigliato è anche la video intervista di Monica Benini "La guerra in Europa" che spiega benissimo ciò che sta succedendo alla Grecia. Nuovo video interessantissimo Fascismo inc anche questo in italiano. Seguendo questo link si possono ascoltare una serie di interventi andati in onda su Radio 2 Rai sul tema musicale Rebetiko, tra gli interventi, oltre alla musica si parla di storia, politica ed economia.
Alla pagina dei video di questo blog puoi vedere il nuovo documentario CATASTROIKA con sottotitoli in Italiano e il documentario DEBTOCRACY International Version con sottotitoli in inglese. Molto consigliato è anche la video intervista di Monica Benini "La guerra in Europa" che spiega benissimo ciò che sta succedendo alla Grecia. Nuovo video interessantissimo Fascismo inc anche questo in italiano. Seguendo questo link si possono ascoltare una serie di interventi andati in onda su Radio 2 Rai sul tema musicale Rebetiko, tra gli interventi, oltre alla musica si parla di storia, politica ed economia.
giovedì 17 marzo 2016
giovedì 14 gennaio 2016
Atene, una torrida estate
Atene, una torrida estate.
Video documentario di Aldo Piroso
Ritengo questo video un ottimo strumento di conoscenza per tutti coloro che vogliono approfondire e conoscere meglio gli eventi che hanno tormentato la Grecia nei mesi estivi del 2015.
Aldo Piroso conduce una ricerca interna alla sinistra greca intervistando molti militanti, sia del partito Siriza che di altre formazioni politiche. Nel documentario, sicuramente ben fatto, emergono opinioni su ciò che avrebbe dovuto fare il governo, vengono espressi giudizi e tirate conclusioni. Le risposte di molti degli intervistati sicuramente risponderanno a molte delle vostre domande. Chi in questi anni si è dimostrato sensibile e appassionato alle vicende greche non potrà far altro che apprezzare la chiarezza e l'indagine interna alla sinistra greca che Aldo ha saputo ottimamente articolare in questo documentario.
Questo video copre uno spazio temporale che va dalla primavera del 2015 fino all'autunno dello stesso anno, quindi riporta le opinioni, le emozioni e le aspettative di un popolo che ha lottato e creduto in un cambiamento radicale delle proprie condizioni. Questo cambiamento radicale non c'è stato. Il ricatto del capitalismo europeo ha affogato ogni tentativo di radicale cambiamento.
Le diverse opinioni riportate nel video danno un quadro del disorientamento e della delusione che queste aspettative disattese hanno portato. Alcuni, come saprete, puntano il dito contro il Siriza, accusandolo di non aver preso le giuste decisioni, altri vedono in maniera più realistica la questione, riconoscendo i limiti di un paese piccolo, debole, isolato al livello di solidarietà politica e attaccato da tutti i fronti. Sarà interessante ascoltare e capire entrambe le posizioni.
Apprezzo moltissimo il suo lavoro, lo ritengo opportuno e unico nel suo genere. Aldo ha completato un vuoto grande dell'informazione mettendo a disposizione di tutti l'opinione diretta di molti degli "addetti ai lavori" della politica. Questo per me è una delle qualità di questo video, ma anche un limite. Avrei voluto più presente l'opinione del greco medio, del cittadino comune, dell'immaginario collettivo popolare. Secondo me non appaiono in maniera chiara le tantissime interpretazioni del "NO" al referendum di inizio estate, ogni greco ha dato un'interpretazione diversa di ciò che avrebbe voluto dire questo "no". Si andava dall'uscita dall'Europa e al ritorno alla Dracma, fino ad un semplice "migliore margine di trattativa" per il governo. A secondo delle aspettative di ognuno vi è stato un grado diverso di delusione.
Sarebbe inoltre stato importante, nel documentario, riportare ancora una volta l'opinione del "greco medio" al riguardo di ciò che sarebbe successo. Spingere l'indagine verso l'opinione della gente comune rivolgendo loro la domanda: Se il paese fosse uscito dall'euro e se la trattativa avesse portato al fallimento della Grecia, quale futuro e quali conseguenze avrebbe dovuto affrontate il popolo greco?
Devo però riconoscere che un documentario non può mai dare una visione universale della questione. Non si possono affrontare e sviscerare tutte le questioni, il rischio è di fare un video interminabile.
Vi invito quindi a vedere e diffondere questo importante documento che se pur incentrato sulla questione greca pone importanti questioni su cui tutti i popoli d'Europa dovrebbero riflettere.
Francesco Moretti
mercoledì 23 settembre 2015
Italia. Una discussione tra amici sulla Grecia.
Tra disinformazione e luoghi comuni, cosa pensano gli italiani dei loro vicini.
Capita spesso, adesso che mi trovo a trascorrere un breve periodo in Italia, di affrontare discussioni riguardo alla Grecia e alle sue vicende economiche e politiche.
Spesso, mi viene chiesto se "davvero" in Grecia la situazione è così come dicono, se davvero c'è la crisi. Questo mi fa automaticamente capire che in Italia c'è come una diffidenza diffusa contro l'informazione, come se "qualcuno" in Italia avesse interesse a indicare la miseria della Grecia per far passare meno tragica la miseria italiana.
Purtroppo la mia risposta è "Si", la situazione in Grecia è veramente molto dura, anche se spesso chi osserva dalla tv italiana ne dubita, oppure, chi per vacanza visita un'isola dell'Egeo in agosto non se ne accorge.
E' chiaro che in alcuni posti, in alcune isole (poche) dove si ammassano in un breve periodo dell'estate migliaia di turisti si ha un'idea distorta della situazione. Vi sono tuttavia isole caratterizzate dal turismo interno, isole escluse dalle rotte internazionali dove ogni estate aspettano i vacanzieri greci, in quelle isole si vede e si sente la crisi. Così come ce la immaginiamo. Ristoranti con tre persone, alberghi vuoti, strade vuote, locali inutilmente illuminati e gente che si reca per inerzia al lavoro lamentandosi. Tutti si chiedono: Come sarà possibile passare l'inverno?
Questa è la crisi. La crisi è e si manifesta soprattutto come incertezza, incertezza per il futuro, incertezza per il lavoro, ma anche per la salute, la casa e per tutte quelle piccole sicurezze che prima facevano la vita. L'incertezza domina e si infila in ogni crepa della vita, come un gas entra e satura ogni piccolo anfratto.
Se in Grecia domina l'incertezza, mi è sembrato che in Italia domina la certezza. Questa certezza si avverte forte, almeno per quanto concerne la politica ellenica. Mentre sulla politica italiana, ristagnante e noiosa, anche gli italiani si dimostrano imbarazzati e disorientati nel proporre soluzioni, sulla politica greca hanno quasi tutti un'idea ben precisa.
Questa idea, nella maggior parte dei casi, purtroppo, è formata su una disinformazione diffusa, o quanto meno su un'informazione fatta di luoghi comuni. Altre volte si basa su un'idealizzazione del paese ellenico, come se questo paese fosse un'entità a se stante, senza un popolo che vive dentro a questa parola "la Grecia".
Per mezzo di questa astrazione,"la Grecia", in molti sono pronti e sicuri a dire ciò che dovrebbe fare e ciò che non avrebbe dovuto fare.
Un'amica, sicuramente molto sensibile e interessata a capire ed interpretare le vicende greche, dopo aver espresso la simpatia che ha per questo popolo mi ha detto: "Però sarebbe l'ora che questi greci le facessero queste riforme" .
Questo mi ha fatto subito capire che in Italia l'idea che va per la maggiore è quella di un popolo che nonostante venga foraggiato a son di milioni di euro non ha voglia di cambiare una virgola dei propri privilegi. Per niente stupito dell'affermazione, le ho chiesto che cosa intendesse dire, quali sono le riforme che "la Grecia" dovrebbe attuare? Anche la sua risposta non mi ha stupito, in fila mi sono stati elencati: riduzione dei dipendenti statali, allungare l'età pensionabile e provvedimenti anti corruzione. Tra le cose conosciute e citate da molti altri italiani ci sono inoltre le baby-pensioni, pensionamenti ottenuti da persone ancora giovani durante l'era Pasok-Nea Dimokrazia. Anche questo punto ricorre con frequenza nelle discussioni.
Con molta probabilità tutti conoscono questi quattro punti del pacchetto di misure che la ex-troika impone alla Grecia, forse sono stati l'argomento di qualche trasmissione serale di "informazione".
E comunque, come biasimare i miei interlocutori, non posso indignarmi più di tanto, in fondo questo era il tormentone che per settimane ha riempito l'informazione di tutta Europa, livellandosi sui dispacci di agenzia direttamente emessi dall'ufficio stampa della Commissione Europea. Secondo l'informazione diffusa e standardizzata "la Grecia" ha continuato per mesi a presentarsi alla trattativa non volendo fare niente di ciò che le veniva proposto e immancabilmente senza una contro proposta.
In questi anni di crisi la Grecia è cambiata molto e tantissime misure sono già state applicate, questa storia delle baby-pensioni è da anni che non esiste più, ma è rimasta incollata nell'immaginario collettivo dell'italiano. Quando si parla di allungamento dell'età pensionabile, non si centra il problema, perché la realtà è molto più tragica. Fosse solo il male di andare in pensione due o tre anni dopo, non ci sarebbe stato nessuna esitazione, il problema è il taglio ulteriore delle pensioni che è stato imposto. Progressivamente verranno portate a 300 euro, una soglia troppo bassa anche per un paese come la Grecia, senza contare che spesso con la pensione del nonno ci campa un'intera famiglia che va dal figlio rimasto disoccupato ai nipoti che non sono ancora in età lavorativa. La corruzione di cui tanto parlano gli europei e in particolare il governo tedesco è senz'altro una piaga da eliminare, non solo in Grecia, ma in tutta Europa, anche in Germania, dove hanno visto la luce molti degli scandali legati alla corruzione, ne cito uno per tutti, quello della Siemens, multinazionale tedesca che ha fatto la propria fortuna derubando il popolo greco con il bene stare dei politici del Pasok e company. Tanto per chiarire la complicità del governo tedesco con il "malaffare", sappiate che uno dei responsabili di questo scandalo è un greco (cittadino tedesco) che rappresentava gli interessi della multinazionale in questione e che se pur riconosciuto colpevole di corruzione gode tutt'ora della protezione della Germania. Il recente scandalo della Volkswagen è un'ottimo esempio di come i governi e le multinazionali lavorino spalla a spalla, spesso contro gli interessi del cittadino. Quindi, al contrario di ciò che la mia amica affermava, non è vero che le multinazionali sono un'entità al disopra delle nazioni, direi piuttosto che sono ben collegate a certe nazioni, sia politicamente che economicamente.
Sono pochi gli italiani che davvero conoscano ciò che il pacchetto di riforme imposto dall'ex-troika contiene. Non si tratta solo di provvedimenti che riguardano le pensioni e gli ulteriori tagli di stipendi, ma comprendono una serie infinita di provvedimenti anti sociali e discriminatori che spesso vanno a colpire i diritti lavorativi, la sicurezza sul lavoro e molte delle tutele che una volta tolte andranno a vantaggio dell'ulteriore sfruttamento del lavoratore e non della competitività. Ma la cosa che mi è sembrata più eclatante è che quando ho toccato il discorso delle privatizzazioni c'è stato una sorta di piccolo coro tra i presenti nel salotto che affermava trattarsi di una cavolata. Una persona addirittura, usando un linguaggio tipico di facebook, ha detto: questa è una "bufala". Si riferiva alla privatizzazione e vendita di molti beni dello stato come immobili, spiagge, isole e aree archeologiche. Purtroppo è la realtà e non una "bufala". Così com'è vero che il governo greco sarà obbligato a cedere ad una multinazionale tedesca ben 14 aeroporti dislocati in tutto il paese, da questa cessione ricaverà una somma pari alle entrate che avrebbe avuto solo dalla gestione di due degli aeroporti. Si troverà quindi a privatizzare, a perdere pezzi senza neanche far cassa.
La trattativa portata avanti per mesi dal governo Tzipras verteva su questo, sull'opporsi all'assurdo di far passare una vera e propria rapina, per l'ennesimo "salvataggio" del popolo greco. Tzipras e il suo governo hanno trovato un muro davanti a loro, sono stati ricattati con il capital control e con la minaccia del fallimento. Ogni greco aveva ben chiaro cosa ci fosse scritto nella proposta che fu consegnata alla delegazione ellenica solo pochi giorni prima della scadenza della rata al Fondo Monetario Internazionale, perché sono punti che sono in discussione da tempo e non sono stati cambiati di una virgola, e quando sono andati a votare in massa "no" al referendum sapevano altrettanto bene ciò che ognuno stava rischiando sulla propria pelle con quel voto, ma hanno alzato la testa e hanno votato egualmente "no". E' stato un momento bello per la democrazia, anche se in seguito si è dimostrato inutile. Per questo mi sono irritato quando ho sentito uno dei presenti alla discussione che ha affermato:
"I greci sono andati a votare "no" senza neanche sapere a che cosa votavano "no". Perché nessuno lo sapeva.."
Ha giudicare dai discorsi che ho sentito, anche sul tema della trattativa vi sono molteplici punti di vista. Tutti, dico tutti, non tengono minimamente conto della realtà e tutti trattano la questione come una cosa astratta e idealizzata, sollevata dal reale.
Un amico ha detto che Tzipras ha sbagliato a condurre la trattativa a quella maniera, che le trattative si reggono su rapporti di forza e che conducendola in altra maniera avrebbe potuto ottenere ben altro.
Cosa avrebbe dovuto fare sinceramente non l'ho capito, sicuramente ho capito che di tutto ciò che noi dalla Grecia abbiamo seguito minuto per minuto, qui in Italia non è passato niente. Con molta probabilità l'amico presente alla discussione avrebbe avuto un'altra idea in merito se in Italia fosse circolata un minimo di informazione più seria invece di commentare esclusivamente l'abbigliamento di Varoufakis o il primo ministro senza cravatta.
Un'altra posizione sostenuta da un amico, anch'esso artista è che il governo greco avrebbe dovuto continuare duro, sostenere la propria linea, arrivare al muro contro muro, perché secondo lui alla fine non avrebbero potuto buttare fuori la Grecia dall'Euro e quindi l'avrebbe avuta vinta. Anche questa posizione mi sembra basata su un'idea che per quanti conoscano la questione non sta ne in cielo ne in terra. Anche coloro come Varoufakis che avrebbero chiuso la trattativa in maniera diversa da Tsipras avevano ben chiaro il piano Schäuble e non hanno mai negato la reale possibilità di essere sbattuti fuori dall'Euro con tutto ciò che ne deriva. Se non altro per dimostrare ai popoli d'Europa che chi osa sgarrare viene punito.
Una terza posizione veniva sostenuta da un'amica che apprezzava Tsipras per aver avuto il senno di chiudere in tempo la trattativa scongiurando il default del paese. Nonostante le sue manifeste simpatie per Varoufakis non ne approvava la linea politica.
Io che vivo in Grecia e che da anni scrivo e analizzo la situazione politica, sociale ed economica di questo paese, non ho tutte queste certezze che ho sentito nell'arco di un piacevole aperitivo tra amici. Su una cosa concordo con loro, è vero purtroppo che Tsipras e il suo governo non hanno portato a casa l'accordo che avrebbero voluto siglare. Penso che altre strade percorribili non ce ne sono state e spero che questa sia solo una battaglia persa. La guerra è ancora in corso. Sono contento della grande solidarietà espressa dal popolo italiano, a differenza del governo italiano. Sono sicuro che questa sia invece stata una grande vittoria del governo greco, portare la questione ellenica alla ribalta.
Tra disinformazione e luoghi comuni, cosa pensano gli italiani dei loro vicini.
Capita spesso, adesso che mi trovo a trascorrere un breve periodo in Italia, di affrontare discussioni riguardo alla Grecia e alle sue vicende economiche e politiche.
Spesso, mi viene chiesto se "davvero" in Grecia la situazione è così come dicono, se davvero c'è la crisi. Questo mi fa automaticamente capire che in Italia c'è come una diffidenza diffusa contro l'informazione, come se "qualcuno" in Italia avesse interesse a indicare la miseria della Grecia per far passare meno tragica la miseria italiana.
Purtroppo la mia risposta è "Si", la situazione in Grecia è veramente molto dura, anche se spesso chi osserva dalla tv italiana ne dubita, oppure, chi per vacanza visita un'isola dell'Egeo in agosto non se ne accorge.
E' chiaro che in alcuni posti, in alcune isole (poche) dove si ammassano in un breve periodo dell'estate migliaia di turisti si ha un'idea distorta della situazione. Vi sono tuttavia isole caratterizzate dal turismo interno, isole escluse dalle rotte internazionali dove ogni estate aspettano i vacanzieri greci, in quelle isole si vede e si sente la crisi. Così come ce la immaginiamo. Ristoranti con tre persone, alberghi vuoti, strade vuote, locali inutilmente illuminati e gente che si reca per inerzia al lavoro lamentandosi. Tutti si chiedono: Come sarà possibile passare l'inverno?
Questa è la crisi. La crisi è e si manifesta soprattutto come incertezza, incertezza per il futuro, incertezza per il lavoro, ma anche per la salute, la casa e per tutte quelle piccole sicurezze che prima facevano la vita. L'incertezza domina e si infila in ogni crepa della vita, come un gas entra e satura ogni piccolo anfratto.
Se in Grecia domina l'incertezza, mi è sembrato che in Italia domina la certezza. Questa certezza si avverte forte, almeno per quanto concerne la politica ellenica. Mentre sulla politica italiana, ristagnante e noiosa, anche gli italiani si dimostrano imbarazzati e disorientati nel proporre soluzioni, sulla politica greca hanno quasi tutti un'idea ben precisa.
Questa idea, nella maggior parte dei casi, purtroppo, è formata su una disinformazione diffusa, o quanto meno su un'informazione fatta di luoghi comuni. Altre volte si basa su un'idealizzazione del paese ellenico, come se questo paese fosse un'entità a se stante, senza un popolo che vive dentro a questa parola "la Grecia".
Per mezzo di questa astrazione,"la Grecia", in molti sono pronti e sicuri a dire ciò che dovrebbe fare e ciò che non avrebbe dovuto fare.
Un'amica, sicuramente molto sensibile e interessata a capire ed interpretare le vicende greche, dopo aver espresso la simpatia che ha per questo popolo mi ha detto: "Però sarebbe l'ora che questi greci le facessero queste riforme" .
Questo mi ha fatto subito capire che in Italia l'idea che va per la maggiore è quella di un popolo che nonostante venga foraggiato a son di milioni di euro non ha voglia di cambiare una virgola dei propri privilegi. Per niente stupito dell'affermazione, le ho chiesto che cosa intendesse dire, quali sono le riforme che "la Grecia" dovrebbe attuare? Anche la sua risposta non mi ha stupito, in fila mi sono stati elencati: riduzione dei dipendenti statali, allungare l'età pensionabile e provvedimenti anti corruzione. Tra le cose conosciute e citate da molti altri italiani ci sono inoltre le baby-pensioni, pensionamenti ottenuti da persone ancora giovani durante l'era Pasok-Nea Dimokrazia. Anche questo punto ricorre con frequenza nelle discussioni.
Con molta probabilità tutti conoscono questi quattro punti del pacchetto di misure che la ex-troika impone alla Grecia, forse sono stati l'argomento di qualche trasmissione serale di "informazione".
E comunque, come biasimare i miei interlocutori, non posso indignarmi più di tanto, in fondo questo era il tormentone che per settimane ha riempito l'informazione di tutta Europa, livellandosi sui dispacci di agenzia direttamente emessi dall'ufficio stampa della Commissione Europea. Secondo l'informazione diffusa e standardizzata "la Grecia" ha continuato per mesi a presentarsi alla trattativa non volendo fare niente di ciò che le veniva proposto e immancabilmente senza una contro proposta.
In questi anni di crisi la Grecia è cambiata molto e tantissime misure sono già state applicate, questa storia delle baby-pensioni è da anni che non esiste più, ma è rimasta incollata nell'immaginario collettivo dell'italiano. Quando si parla di allungamento dell'età pensionabile, non si centra il problema, perché la realtà è molto più tragica. Fosse solo il male di andare in pensione due o tre anni dopo, non ci sarebbe stato nessuna esitazione, il problema è il taglio ulteriore delle pensioni che è stato imposto. Progressivamente verranno portate a 300 euro, una soglia troppo bassa anche per un paese come la Grecia, senza contare che spesso con la pensione del nonno ci campa un'intera famiglia che va dal figlio rimasto disoccupato ai nipoti che non sono ancora in età lavorativa. La corruzione di cui tanto parlano gli europei e in particolare il governo tedesco è senz'altro una piaga da eliminare, non solo in Grecia, ma in tutta Europa, anche in Germania, dove hanno visto la luce molti degli scandali legati alla corruzione, ne cito uno per tutti, quello della Siemens, multinazionale tedesca che ha fatto la propria fortuna derubando il popolo greco con il bene stare dei politici del Pasok e company. Tanto per chiarire la complicità del governo tedesco con il "malaffare", sappiate che uno dei responsabili di questo scandalo è un greco (cittadino tedesco) che rappresentava gli interessi della multinazionale in questione e che se pur riconosciuto colpevole di corruzione gode tutt'ora della protezione della Germania. Il recente scandalo della Volkswagen è un'ottimo esempio di come i governi e le multinazionali lavorino spalla a spalla, spesso contro gli interessi del cittadino. Quindi, al contrario di ciò che la mia amica affermava, non è vero che le multinazionali sono un'entità al disopra delle nazioni, direi piuttosto che sono ben collegate a certe nazioni, sia politicamente che economicamente.
Sono pochi gli italiani che davvero conoscano ciò che il pacchetto di riforme imposto dall'ex-troika contiene. Non si tratta solo di provvedimenti che riguardano le pensioni e gli ulteriori tagli di stipendi, ma comprendono una serie infinita di provvedimenti anti sociali e discriminatori che spesso vanno a colpire i diritti lavorativi, la sicurezza sul lavoro e molte delle tutele che una volta tolte andranno a vantaggio dell'ulteriore sfruttamento del lavoratore e non della competitività. Ma la cosa che mi è sembrata più eclatante è che quando ho toccato il discorso delle privatizzazioni c'è stato una sorta di piccolo coro tra i presenti nel salotto che affermava trattarsi di una cavolata. Una persona addirittura, usando un linguaggio tipico di facebook, ha detto: questa è una "bufala". Si riferiva alla privatizzazione e vendita di molti beni dello stato come immobili, spiagge, isole e aree archeologiche. Purtroppo è la realtà e non una "bufala". Così com'è vero che il governo greco sarà obbligato a cedere ad una multinazionale tedesca ben 14 aeroporti dislocati in tutto il paese, da questa cessione ricaverà una somma pari alle entrate che avrebbe avuto solo dalla gestione di due degli aeroporti. Si troverà quindi a privatizzare, a perdere pezzi senza neanche far cassa.
La trattativa portata avanti per mesi dal governo Tzipras verteva su questo, sull'opporsi all'assurdo di far passare una vera e propria rapina, per l'ennesimo "salvataggio" del popolo greco. Tzipras e il suo governo hanno trovato un muro davanti a loro, sono stati ricattati con il capital control e con la minaccia del fallimento. Ogni greco aveva ben chiaro cosa ci fosse scritto nella proposta che fu consegnata alla delegazione ellenica solo pochi giorni prima della scadenza della rata al Fondo Monetario Internazionale, perché sono punti che sono in discussione da tempo e non sono stati cambiati di una virgola, e quando sono andati a votare in massa "no" al referendum sapevano altrettanto bene ciò che ognuno stava rischiando sulla propria pelle con quel voto, ma hanno alzato la testa e hanno votato egualmente "no". E' stato un momento bello per la democrazia, anche se in seguito si è dimostrato inutile. Per questo mi sono irritato quando ho sentito uno dei presenti alla discussione che ha affermato:
"I greci sono andati a votare "no" senza neanche sapere a che cosa votavano "no". Perché nessuno lo sapeva.."
Ha giudicare dai discorsi che ho sentito, anche sul tema della trattativa vi sono molteplici punti di vista. Tutti, dico tutti, non tengono minimamente conto della realtà e tutti trattano la questione come una cosa astratta e idealizzata, sollevata dal reale.
Un amico ha detto che Tzipras ha sbagliato a condurre la trattativa a quella maniera, che le trattative si reggono su rapporti di forza e che conducendola in altra maniera avrebbe potuto ottenere ben altro.
Cosa avrebbe dovuto fare sinceramente non l'ho capito, sicuramente ho capito che di tutto ciò che noi dalla Grecia abbiamo seguito minuto per minuto, qui in Italia non è passato niente. Con molta probabilità l'amico presente alla discussione avrebbe avuto un'altra idea in merito se in Italia fosse circolata un minimo di informazione più seria invece di commentare esclusivamente l'abbigliamento di Varoufakis o il primo ministro senza cravatta.
Un'altra posizione sostenuta da un amico, anch'esso artista è che il governo greco avrebbe dovuto continuare duro, sostenere la propria linea, arrivare al muro contro muro, perché secondo lui alla fine non avrebbero potuto buttare fuori la Grecia dall'Euro e quindi l'avrebbe avuta vinta. Anche questa posizione mi sembra basata su un'idea che per quanti conoscano la questione non sta ne in cielo ne in terra. Anche coloro come Varoufakis che avrebbero chiuso la trattativa in maniera diversa da Tsipras avevano ben chiaro il piano Schäuble e non hanno mai negato la reale possibilità di essere sbattuti fuori dall'Euro con tutto ciò che ne deriva. Se non altro per dimostrare ai popoli d'Europa che chi osa sgarrare viene punito.
Una terza posizione veniva sostenuta da un'amica che apprezzava Tsipras per aver avuto il senno di chiudere in tempo la trattativa scongiurando il default del paese. Nonostante le sue manifeste simpatie per Varoufakis non ne approvava la linea politica.
Io che vivo in Grecia e che da anni scrivo e analizzo la situazione politica, sociale ed economica di questo paese, non ho tutte queste certezze che ho sentito nell'arco di un piacevole aperitivo tra amici. Su una cosa concordo con loro, è vero purtroppo che Tsipras e il suo governo non hanno portato a casa l'accordo che avrebbero voluto siglare. Penso che altre strade percorribili non ce ne sono state e spero che questa sia solo una battaglia persa. La guerra è ancora in corso. Sono contento della grande solidarietà espressa dal popolo italiano, a differenza del governo italiano. Sono sicuro che questa sia invece stata una grande vittoria del governo greco, portare la questione ellenica alla ribalta.
lunedì 21 settembre 2015
Vince Tzipras
Tra pochi giorni pronto il nuovo governo Syriza - Anexartiti Ellines.
Si ripropone la formazione di governo già in atto da gennaio scorso.
Il Risultati finali sono questi, il maggiore partito di governo uscente, il Syriza ha raggiunto il 35,47%, è primo partito e prendendo il premio di maggioranza porta in parlamento 145 rappresentanti. A gennaio scorso raggiunse la percentuale di 36,34% e aveva 149 deputati.
Il partito di destra Nea Dimokratia si trova al 28,09%, ben 7,5 punti percentuali sotto a Syriza. Con queste elezioni porterà in parlamento 75 deputati. Alle precedenti votazioni raggiunse 27,81% e aveva 76 parlamentari.
L'estrema destra xenofoba di Chrisi Avghi raggiunge praticamente il 7% e avrà 18 parlamentari, uno in più dello scorso gennaio.
L'unione di Pasok e Demokratiki Aristerà non ha entusiasmato l'elettorato greco. Pur essendosi uniti raggiungono il 6,28% con 17 seggi.
I comunisti conservatori del KKE restano più o meno stabili con il loro 5,5% ovvero 15 seggi, i neo-liberisti di Potami raggiungono un misero 4,09% e avranno 11 seggi, Anexartiti Ellines si piazzano al 3,69% con 10 seggi e in fine l'Unione di Centro raggiunge il 3,4% con 9 seggi.
Non passa la soglia di sbarramento l'Unione Popolare (Laiki Enotita) di Lafasani, distaccatasi da Syriza questa estate. Proprio con l'uscita di questo gruppo di parlamentari il governo fu messo in crisi.
Questi dati riportati qui sopra sono le percentuali dei partiti che entreranno in parlamento. Il maggiore partito resta fuori dall'arco parlamentare ed è quello dell'astensione che totalizza ben il 45%. Questo è un dato indicativo della situazione greca, se da una parte c'è stata una decisa ed indiscussa vittoria del Syriza, dall'altra molte persone evidentemente rimaste deluse dall'andamento della politica internazionale si sono rifiutate di andare a votare valutando inutile ormai ogni schieramento di governo.
Questo è un sentore diffuso nella popolazione greca e lo si avverte forte in ogni discussione, lo scontento e la delusione verso l'Unione Europea e tutti i loro rappresentanti è molto evidente e raggiunge punte del 70%, i dati elettorali ci dimostrano che più che imputare il "terzo memorandum" a incapacità o errori del precedente governo, il popolo greco attribuisce la responsabilità di questa oppressione economica all'Unione Europea e all'ordine imposto dal capitalismo internazionale.
Il risultato misero dell'Unione Popolare (Laiki Enotita) è secondo me interpretabile con la polarizzazione avvenuta nei giorni precedenti al voto dove i due schieramenti maggiori di sinistra e destra venivano dati più o meno a pari e la Grecia stava correndo il serio rischio di avere un governo di destra alla gestione del memorandum. In molti non hanno voluto correre questo rischio.
Comunque, a parte questo, è evidente che la proposta dell'Unione Popolare (Laiki Enotita) non ha convinto, sicuramente sono molti coloro che in teoria riconoscono giusto il programma di Laiki Enotita, ma solo in teoria, il popolo greco è sempre stato in passato e ha confermato di esserlo ancora a favore dell'Euro. Anche se gran parte delle loro pene provengono dalla moneta unica, i greci vedono la scelta di uscirne come una strada a fondo chiuso che non farebbe altro che peggiorare ulteriormente la situazione.
Diciamo che in pochi hanno simpatia per l'Euro, ma l'Euro vuol dire Europa e in qualche maniera l'Europa viene interpretata come una sicurezza verso i pericoli che la posizione geografica offre e l'esperienza storica hanno dimostrato essere ben presenti intorno alla Grecia.
Il governo verrà presto formato e sarà una riedizione della versione precedente Syriza più Anexartiti Ellines che insieme raggiungeranno 155 seggi e avranno la grossa responsabilità di applicare l'insieme di misure fiscali accettate a luglio cercando di tutelare i ceti sociali più deboli, continuare le trattative in Europa, cercare di sradicare la corruzione, applicare una tassazione "normale" a emittenti private e caste protette come gli armatori che per decenni sono state esonerati dalle tasse grazie alla gestione che Pasok e Nea Dimokratia hanno fatto della Grecia.
In molti sono rimasti delusi dal risultato finale della trattativa di luglio e sono dovuti per forza arrivare alla conclusione che il governo greco non può fare granché da solo in Europa. Dall'altra parte, hanno riconosciuto senz'altro un tentativo serio e per molti versi "rivoluzionario" (nel contesto conservatore greco) portato avanti dal primo governo di sinistra della Grecia. Tentativo che se pur frenato dai mille impegni e viaggi fatti a Bruxelles da gennaio 2015 ha dimostrato l'intenzione di voler cambiare qualcosa di questo paese fermo e stagnante da anni. L'augurio è che adesso trovino il tempo per governare, il tempo per applicare il loro programma, che ci sia veramente l'opportunità di saggiare qualcosa di diverso dall'alternarsi di Pasok e Nea Dimokratia.
Il Syriza si trova adesso di fronte ad una nuova opportunità di governo, la "Parentesi di Sinistra" tanto voluta e auspicata da Nea Dimokrazia e dalla Commissione Europea non si è avverata. Il popolo greco ha voluto di nuovo dare fiducia al governo Tzipras, spero tanto che questa fiducia non venga tradita e che lo slogan rimasticato all'infinito dal leader di Nea Dimokrazia Meimarakis "Siamo tutti uguali" resti solo uno slogan pre-elettorale.
Tra pochi giorni pronto il nuovo governo Syriza - Anexartiti Ellines.
Si ripropone la formazione di governo già in atto da gennaio scorso.
Il Risultati finali sono questi, il maggiore partito di governo uscente, il Syriza ha raggiunto il 35,47%, è primo partito e prendendo il premio di maggioranza porta in parlamento 145 rappresentanti. A gennaio scorso raggiunse la percentuale di 36,34% e aveva 149 deputati.
Il partito di destra Nea Dimokratia si trova al 28,09%, ben 7,5 punti percentuali sotto a Syriza. Con queste elezioni porterà in parlamento 75 deputati. Alle precedenti votazioni raggiunse 27,81% e aveva 76 parlamentari.
L'estrema destra xenofoba di Chrisi Avghi raggiunge praticamente il 7% e avrà 18 parlamentari, uno in più dello scorso gennaio.
L'unione di Pasok e Demokratiki Aristerà non ha entusiasmato l'elettorato greco. Pur essendosi uniti raggiungono il 6,28% con 17 seggi.
I comunisti conservatori del KKE restano più o meno stabili con il loro 5,5% ovvero 15 seggi, i neo-liberisti di Potami raggiungono un misero 4,09% e avranno 11 seggi, Anexartiti Ellines si piazzano al 3,69% con 10 seggi e in fine l'Unione di Centro raggiunge il 3,4% con 9 seggi.
Non passa la soglia di sbarramento l'Unione Popolare (Laiki Enotita) di Lafasani, distaccatasi da Syriza questa estate. Proprio con l'uscita di questo gruppo di parlamentari il governo fu messo in crisi.
Questi dati riportati qui sopra sono le percentuali dei partiti che entreranno in parlamento. Il maggiore partito resta fuori dall'arco parlamentare ed è quello dell'astensione che totalizza ben il 45%. Questo è un dato indicativo della situazione greca, se da una parte c'è stata una decisa ed indiscussa vittoria del Syriza, dall'altra molte persone evidentemente rimaste deluse dall'andamento della politica internazionale si sono rifiutate di andare a votare valutando inutile ormai ogni schieramento di governo.
Questo è un sentore diffuso nella popolazione greca e lo si avverte forte in ogni discussione, lo scontento e la delusione verso l'Unione Europea e tutti i loro rappresentanti è molto evidente e raggiunge punte del 70%, i dati elettorali ci dimostrano che più che imputare il "terzo memorandum" a incapacità o errori del precedente governo, il popolo greco attribuisce la responsabilità di questa oppressione economica all'Unione Europea e all'ordine imposto dal capitalismo internazionale.
Il risultato misero dell'Unione Popolare (Laiki Enotita) è secondo me interpretabile con la polarizzazione avvenuta nei giorni precedenti al voto dove i due schieramenti maggiori di sinistra e destra venivano dati più o meno a pari e la Grecia stava correndo il serio rischio di avere un governo di destra alla gestione del memorandum. In molti non hanno voluto correre questo rischio.
Comunque, a parte questo, è evidente che la proposta dell'Unione Popolare (Laiki Enotita) non ha convinto, sicuramente sono molti coloro che in teoria riconoscono giusto il programma di Laiki Enotita, ma solo in teoria, il popolo greco è sempre stato in passato e ha confermato di esserlo ancora a favore dell'Euro. Anche se gran parte delle loro pene provengono dalla moneta unica, i greci vedono la scelta di uscirne come una strada a fondo chiuso che non farebbe altro che peggiorare ulteriormente la situazione.
Diciamo che in pochi hanno simpatia per l'Euro, ma l'Euro vuol dire Europa e in qualche maniera l'Europa viene interpretata come una sicurezza verso i pericoli che la posizione geografica offre e l'esperienza storica hanno dimostrato essere ben presenti intorno alla Grecia.
Il governo verrà presto formato e sarà una riedizione della versione precedente Syriza più Anexartiti Ellines che insieme raggiungeranno 155 seggi e avranno la grossa responsabilità di applicare l'insieme di misure fiscali accettate a luglio cercando di tutelare i ceti sociali più deboli, continuare le trattative in Europa, cercare di sradicare la corruzione, applicare una tassazione "normale" a emittenti private e caste protette come gli armatori che per decenni sono state esonerati dalle tasse grazie alla gestione che Pasok e Nea Dimokratia hanno fatto della Grecia.
In molti sono rimasti delusi dal risultato finale della trattativa di luglio e sono dovuti per forza arrivare alla conclusione che il governo greco non può fare granché da solo in Europa. Dall'altra parte, hanno riconosciuto senz'altro un tentativo serio e per molti versi "rivoluzionario" (nel contesto conservatore greco) portato avanti dal primo governo di sinistra della Grecia. Tentativo che se pur frenato dai mille impegni e viaggi fatti a Bruxelles da gennaio 2015 ha dimostrato l'intenzione di voler cambiare qualcosa di questo paese fermo e stagnante da anni. L'augurio è che adesso trovino il tempo per governare, il tempo per applicare il loro programma, che ci sia veramente l'opportunità di saggiare qualcosa di diverso dall'alternarsi di Pasok e Nea Dimokratia.
Il Syriza si trova adesso di fronte ad una nuova opportunità di governo, la "Parentesi di Sinistra" tanto voluta e auspicata da Nea Dimokrazia e dalla Commissione Europea non si è avverata. Il popolo greco ha voluto di nuovo dare fiducia al governo Tzipras, spero tanto che questa fiducia non venga tradita e che lo slogan rimasticato all'infinito dal leader di Nea Dimokrazia Meimarakis "Siamo tutti uguali" resti solo uno slogan pre-elettorale.
domenica 20 settembre 2015
Elezioni politiche 20 settembre 2015 ore 19:00 ora greca
In Grecia sono appena chiuse le urne elettorali.
Questi i primi exit poll ufficiali (il 75%degli exit poll):
Syriza : dal 30% al 34%
Nea Dimokrazia: dal 28,5% al 32,5%
Chrisi Avghi: dal 6,5% al 8%
ΚΚΕ: dal 5,5% al 7%
Pasok: dal 5,5% al 7%
Potami: dal 4% al 5,5%
Laiki Enotita: dal 2,5% al 3,5%
Unione di centro: dal 3,2% al 4,2%
sabato 19 settembre 2015
20 settembre 2015 Elezioni in Grecia.
Dopo un bel periodo di riposo mi trovo di nuovo a scrivere e a commentare ciò che sta succedendo in Grecia. Sono stato molto impegnato con altri lavori e molte volte che avrei saputo e voluto scrivere qualcosa non ne ho avuto il tempo, mentre altre volte che avrei potuto scrivere qualcosa, mi sono trovato nell'imbarazzo di decidere da dove ripartire a raccontare, e alla fine non ho scritto niente. In questo modo sono passati alcuni mesi dove ho osservato senza commentare. Ringrazio tutti coloro che si sono preoccupati di scrivermi una mail per esortarmi ad aggiornare il blog, mi ha fatto molto piacere sapere che "dall'altra parte" c'è gente che legge e aspetta notizie di come "sopravviviamo in Grecia".
Come sicuramente tutti oramai saprete, domenica 20 settembre 2015 il popolo greco è di nuovo chiamato alle urne. Siete curiosi di sapere come andrà a finire? Anch'io! Questa volta non vi sono molte certezze e gli eventi susseguitesi durante l'estate rendono incerto l'esito delle elezioni.
Visto il vuoto informativo che mi sono lasciato alle spalle inizierò questo articolo facendo un breve riassunto commentato di come si sono evolute le cose dal famoso referendum fino ad oggi.
Il 5 luglio 2015 il popolo greco fu chiamato a esprimersi sulla proposta-imposta dell'Unione Europea. Questo documento venne consegnato nelle mani dei rappresentanti greci dopo mesi di trattativa che non portarono a niente. L'unione Europea e soprattutto il ministro delle finanze tedesco attuarono l'ormai nota tecnica della "perdita di tempo", ovvero portare il governo ellenico alle strette con le scadenze dei pagamenti con il Fondo Monetario Internazionale e con lo scadere dei titoli di stato. A secco di liquidità da mesi, il governo si trovò a decidere se prendere o lasciare, se accettare un accordo pessimo o rifiutarlo e fallire. Fu in questo clima che venne deciso il referendum. Per i molti che forse ancora si chiedono: Per quale motivo il governo greco ha aspettato di trovarsi così al ridosso del fallimento per decidere di proporre il referendum? La risposta è semplice, in mesi di "trattative" non è stata mai consegnato una bozza di accordo scritta ai rappresentanti greci. Le discussioni si tenevano sulla base di "power point" che venivano mostrati in fase di riunione, ma non vi era mai niente di scritto. Il primo ed unico documento scritto è stato consegnato nelle mani dei rappresentati ellenici solo pochi giorni prima del referendum e sull'approvazione o il rifiuto di quella proposta è stato chiamato a decidere il popolo greco.
L'episodio del referendum è fondamentale per dare un'interpretazione agli avvenimenti dei giorni d'oggi e con molta probabilità al risultato elettorale di dopo domani.
Il fronte del "si" era ed è tutt'ora più facile da decifrare. Avrebbero voluto un incondizionato accordo con l'Unione Europea accettando pari pari e senza alcuna rivendicazione l'orribile proposta.
Il fronte del "no" è invece molto più variegato e di difficile decifrazione. In questo fronte che ha raggiunto l'incredibile percentuale del 62% nonostante il ricatto del Capital Control e dell'espulsione dall'Euro vi erano elettori di varia provenienza. Si andava dalle posizioni più estreme e radicali di coloro che erano pronti a perdere tutto, vivere per mesi con un pezzo di pane e affrontare tutto ciò che comporta un fallimento di uno stato, fino alle posizioni più moderate dove si chiedeva semplicemente un accordo migliore, ovviamente restando nell'Euro.
In mezzo a queste due posizioni vi era di tutto di più. Ogni elettore ha dato il significato che ha voluto a questo "no" valutando la propria condizione sociale ed economica e aiutato anche dai margini lasciati dal quesito elettorale. Con molta probabilità se il quesito elettorale fosse stato "NO all'accordo proposto dall'Unione Europea e NO all'Euro" il fronte del "no" sarebbe stato molto più risicato.
La vittoria del "no" ha innescato un clima di aspettativa inutile e forviante.
Far credere al popolo greco che il risultato referendario ovvero una scelta libera di un popolo si potessero opporre agli interessi del capitalismo internazionale è stato sicuramente un errore di Syriza. Illudere i greci che il volere popolare avrebbe potuto modificare l'andamento e le dinamiche del gioco in corso si è rivelato un fallimento.
Il governo greco avrebbe dovuto essere più onesto riguardo a questo punto e chiarire, se possibile, una volta di più che non ci si poteva aspettare più di tanto.
Come la storia ha dimostrato, avere pienamente ragione può rivelarsi inutile in fase di trattativa, specialmente se dall'altra parte vi sono tutti i governi d'Europa assoggettati all'interesse della Germania. Intendiamoci bene, il governo greco non ha mai detto di non voler pagare i propri debiti, intendeva farlo in una maniera "sostenibile" senza necessariamente proiettare il proprio popolo in una seria crisi umanitaria. Dall'altra parte, il mandato elettorale ricevuto a gennaio di quest'anno non prevedeva affatto il fallimento dello stato e l'uscita dall'Euro.
Una cosa molto importante che il governo ha ottenuto con il referendum è senz'altro quella di aver guadagnato la simpatia di tanti popoli d'Europa, che a differenza dei vari governi hanno sostenuto con il cuore la causa greca. Questa è stata la vera vittoria del referendum, dimostrare che il "re è nudo" portare la questione greca e tutte le sue marce dinamiche sotto gli occhi di tutti.
La trattativa che è seguita dopo il referendum è stata tragica per il governo e il popolo greco. Il comportamento dei leader europei è stato a dir poco vergognoso. Vi è stato da parte di tutti un vero e proprio linciaggio del diverso, una punizione esemplare di colui che aveva osato ribellarsi. Ribellarsi, badiamo bene, non facendo una rivoluzione e mettendo in discussione le regole del capitalismo, ma semplicemente rivendicando una maggiore sovranità. Il semplice diritto che un governo dovrebbe avere di decidere dove e come prendere i soldi da rendere ai creditori.
Con il "coltello alla gola" della minaccia di un fallimento immediato, con le banche chiuse, con il rischio reale di non poter pagare gli stipendi e le pensioni del prossimo mese, con i medicinali che iniziavano a scarseggiare nelle farmacie e con la minaccia di tornare alla Dracma e vedere il proprio debito raddoppiato, il governo greco ha accettato di firmare un accordo sfavorevole che sicuramente non ha accontentato e soddisfatto le aspettative createsi con il risultato referendario. Possiamo dire che sicuramente è migliore di quello proposto in partenza, non fosse altro per il cambiamento del "contratto di prestito" che è tornato sotto il diritto europeo e non sotto quello inglese come era in precedenza. Solo questa cosa è da considerare molto importante. Altre cose che il governo è riuscito ad ottenere non sono state ovviamente apprezzate perché sopraffatte dalla grande delusione generata dalle aspettative.
Fino a qui ho cercato di riassumere in brevissimo la storia degli ultimi mesi, perlomeno la storia conosciuta. Esiste però una storia sotterranea che è ben nota a tanti greci e che in molti in Europa neanche sospettano. Per capire questa "storia sotterranea" bisogna essere nati e cresciuti nei Balcani, bisogna aver vissuto sotto la dittatura, essere cresciuti con la minaccia costante di un invasione turca etc.. I Balcani e in particolare la Grecia si trovano in una posizione geografica particolarissima che spesso ha generato attriti e tensioni internazionali. Nei Balcani molte guerre di origine etnica sono state fatte iniziare con lo scopo preciso di distruggere interi stati per poterli poi gestire e controllare economicamente. Vi sono questioni importantissime legate all'energia, al petrolio e al passaggio dei gasdotti che sono tutt'ora aperte.
Questo insieme di fattori nella testa del greco sono ben presenti, tuttavia in qualche momento, come accade a tanti popoli, vengono sottovalutati, ovvero si tende a guardare l'immagine piccola a vantaggio di quella grande, si privilegia l'osservazione delle vicende greche come se queste non fossero inserite in un panorama di interessi più grande. Con questo voglio dire che la Grecia, con molta probabilità non avrebbe avuto neanche la possibilità di suicidarsi economicamente con un'uscita dall'Euro nelle pessime condizioni in cui si trovava e si trova ancora. Una Grecia fuori dall'Euro che disperata economicamente cerca aiuto altrove è un'ipotesi che all'occidente non piace. Sicuramente i servizi segreti occidentali o chi per loro avrebbero fatto il possibile per spingere la Grecia alla rovina completa.
Sono infatti in molti a pensare questa cosa in Grecia, parlando con la gente si sente spesso dire che basterebbe lo spazio temporale di una notte per innescare delle rivolte etniche nel nord del paese, per esempio bruciando delle moschee e aizzando le minoranze greco-musulmane. Questo porterebbe a nuove importanti tensioni con la Turchia, a ritorsioni militari etc.. Spesso, parlando di queste cose con i greci, un'espressione che si sente dire spesso è: in un attimo ci farebbero diventare Serbia...
Un'Europa che si è dimostrata più volte ostile verso la Grecia che cosa avrebbe fatto in una situazione del genere oltre che condannare e stare a guardare?
Questo accordo imposto alla Grecia ha causato l'uscita dal governo Syriza-An.El della "Piattaforma di Sinistra" che si è rifiutata di votare l'accordo in parlamento.
Veniamo adesso alle elezioni che si terranno tra meno di due giorni.
Il maggiore partito di governo, il Syriza si presenta a queste elezioni con molta più realismo della volta precedente. Dopo aver sperimentato e definitivamente capito che non è possibile fare altra politica che questa - almeno fino a quando non cambieranno gli equilibri politici in Europa - chiede il voto degli elettori sulla base di una gestione del memorandum più umana. I sondaggi lo danno con un lieve vantaggio rispetto al maggiore partito di opposizione di destra, ma nella sostanza sono a pari.
Nea Dimokratia si presenta a queste elezioni con un nuovo leader che si chiama Vanghelis Meimarakis e che è andato a sostituire Antonis Samaras dimessosi subito dopo il risultato referendario. Non è niente di speciale, ma confrontato con il fanatismo xenofobo e fascista di Samaras appare sicuramente migliore. La sua tecnica è parlare in una maniera popolare, quasi di strada, in maniera tale da comunicare all'elettore una maggiore vicinanza. Il messaggio che vuole far passare è che "siamo tutti uguali", cioè che Nea Dimokrazia e Syriza sarebbero uguali nella sostanza, perché sia una che l'altra hanno firmato un memorandum.
Da che mondo è mondo un partito che fa schifo ha sempre interesse a convincere gli elettori che sono tutti uguali. Anche se le differenze ci sono eccome.
Inoltre c'è da dire che se può sfruttare il fatto che sia Syriza che Nea Dimokrazia hanno firmato un memorandum c'è sempre da valutare che nella gestione di un pacchetto di provvedimenti economici come questo la differenza tra sinistra e destra è notevole. Solo per fare un esempio, è molto diverso se il governo che gestisce le privatizzazioni fa l'interesse dello stato o l'interesse del compratore.
La "Piattaforma di Sinistra" che faceva parte di Syriza, adesso si è staccata e si chiama Laiki Enotita (unione popolare), si presenta come partito. La loro proposta a grandi linee è di uscire dall'Euro, statalizzare le banche e dichiarare illegittimo il debito. Tutte cose sacrosante in teoria. Tuttavia, forse per una distrazione, tralasciano ancora una volta una seria spiegazione delle conseguenze che ciò comporterebbe. Nei sondaggi vengono dati dal 2,5% a un massimo di 4%.
Gli altri partiti sono rimasti uguali.
Chi vincerà le elezioni non è possibile prevederlo già da ora, ma non ha importanza perché tra pochissimo lo sapremo.
Il Syriza è calato un bel po' nei sondaggi, ma non in maniera eccessiva. Il disgusto per l'Europa è invece molto alto. Di sicuro il primo partito sembra essere quello dell'astensione che trova i propri militanti soprattutto tra i giovani che sono stati proiettati in cielo con la vittoria del referendum e poi scaraventati a terra con la firma del memorandum.
Molti elettori che da Nea Dimokrazia avevano votato Syriza per questioni di comodo adesso torneranno ai vecchi santi, non perché le ragioni economiche che gli spinsero a votare allora un altro partito non sussistono, ma più che altro convinti che il problema degli immigrati siriani che stanno arrivando a migliaia ogni giorno in Europa sia un problema causato dal Syriza, come sostiene il signor Meimarakis.
Con la svolta "realistica" fata dall'ex governo, molto probabilmente molti elettori del Pasok voteranno Syriza. Molti che a gennaio erano spaventati dall'uscita dall'Euro e da tutti i mali che avrebbe portato un governo di sinistra.
Anche un buon numero degli elettori del KKE voteranno Syriza in quanto la questione referendum ha reso ovvio anche ai più fanatici che il partito comunista greco è totalmente disinteressato a finché le cose cambino.
Sinceramente non capisco a cosa sia servito fare un partito come Laiki Enotita, un partito che è l'esatta fotocopia del partito Antarsia che esiste da anni.
C'è sempre da valutare i giochi di potere e gli arrivismi dei vari politici e soprattutto la prima tradizione dei partiti di sinistra che non è ne l'antifascismo ne l'anticapitalismo ma il dividersi.
Lo smembramento di Syriza mette seriamente a rischio la vittoria della sinistra alle elezioni. Il Syriza, nonostante i vari movimenti di voti ipotizzati in precedenza potrebbe non essere il primo partito e quindi il paese si troverebbe con un memorandum gestito dalla destra.
In questo caso il paese si troverebbe con una opposizione di sinistra favolosa e veramente rivoluzionaria che non si è voluta sporcare le mani governando ma con un governo di destra che legittimato dal mandato elettorale potrebbe finalmente distruggere la Grecia.
Se le cose andranno in questo modo si avvererà la "Parentesi di Sinistra", il sogno del ministro delle finanze tedesco. Un periodo breve dove la sinistra si autodistrugge governando e successivamente esce di scena per sempre. Scongiurando ogni altro possibile governo di sinistra in Europa.
Dopo un bel periodo di riposo mi trovo di nuovo a scrivere e a commentare ciò che sta succedendo in Grecia. Sono stato molto impegnato con altri lavori e molte volte che avrei saputo e voluto scrivere qualcosa non ne ho avuto il tempo, mentre altre volte che avrei potuto scrivere qualcosa, mi sono trovato nell'imbarazzo di decidere da dove ripartire a raccontare, e alla fine non ho scritto niente. In questo modo sono passati alcuni mesi dove ho osservato senza commentare. Ringrazio tutti coloro che si sono preoccupati di scrivermi una mail per esortarmi ad aggiornare il blog, mi ha fatto molto piacere sapere che "dall'altra parte" c'è gente che legge e aspetta notizie di come "sopravviviamo in Grecia".
Come sicuramente tutti oramai saprete, domenica 20 settembre 2015 il popolo greco è di nuovo chiamato alle urne. Siete curiosi di sapere come andrà a finire? Anch'io! Questa volta non vi sono molte certezze e gli eventi susseguitesi durante l'estate rendono incerto l'esito delle elezioni.
Visto il vuoto informativo che mi sono lasciato alle spalle inizierò questo articolo facendo un breve riassunto commentato di come si sono evolute le cose dal famoso referendum fino ad oggi.
Il 5 luglio 2015 il popolo greco fu chiamato a esprimersi sulla proposta-imposta dell'Unione Europea. Questo documento venne consegnato nelle mani dei rappresentanti greci dopo mesi di trattativa che non portarono a niente. L'unione Europea e soprattutto il ministro delle finanze tedesco attuarono l'ormai nota tecnica della "perdita di tempo", ovvero portare il governo ellenico alle strette con le scadenze dei pagamenti con il Fondo Monetario Internazionale e con lo scadere dei titoli di stato. A secco di liquidità da mesi, il governo si trovò a decidere se prendere o lasciare, se accettare un accordo pessimo o rifiutarlo e fallire. Fu in questo clima che venne deciso il referendum. Per i molti che forse ancora si chiedono: Per quale motivo il governo greco ha aspettato di trovarsi così al ridosso del fallimento per decidere di proporre il referendum? La risposta è semplice, in mesi di "trattative" non è stata mai consegnato una bozza di accordo scritta ai rappresentanti greci. Le discussioni si tenevano sulla base di "power point" che venivano mostrati in fase di riunione, ma non vi era mai niente di scritto. Il primo ed unico documento scritto è stato consegnato nelle mani dei rappresentati ellenici solo pochi giorni prima del referendum e sull'approvazione o il rifiuto di quella proposta è stato chiamato a decidere il popolo greco.
L'episodio del referendum è fondamentale per dare un'interpretazione agli avvenimenti dei giorni d'oggi e con molta probabilità al risultato elettorale di dopo domani.
Il fronte del "si" era ed è tutt'ora più facile da decifrare. Avrebbero voluto un incondizionato accordo con l'Unione Europea accettando pari pari e senza alcuna rivendicazione l'orribile proposta.
Il fronte del "no" è invece molto più variegato e di difficile decifrazione. In questo fronte che ha raggiunto l'incredibile percentuale del 62% nonostante il ricatto del Capital Control e dell'espulsione dall'Euro vi erano elettori di varia provenienza. Si andava dalle posizioni più estreme e radicali di coloro che erano pronti a perdere tutto, vivere per mesi con un pezzo di pane e affrontare tutto ciò che comporta un fallimento di uno stato, fino alle posizioni più moderate dove si chiedeva semplicemente un accordo migliore, ovviamente restando nell'Euro.
In mezzo a queste due posizioni vi era di tutto di più. Ogni elettore ha dato il significato che ha voluto a questo "no" valutando la propria condizione sociale ed economica e aiutato anche dai margini lasciati dal quesito elettorale. Con molta probabilità se il quesito elettorale fosse stato "NO all'accordo proposto dall'Unione Europea e NO all'Euro" il fronte del "no" sarebbe stato molto più risicato.
La vittoria del "no" ha innescato un clima di aspettativa inutile e forviante.
Far credere al popolo greco che il risultato referendario ovvero una scelta libera di un popolo si potessero opporre agli interessi del capitalismo internazionale è stato sicuramente un errore di Syriza. Illudere i greci che il volere popolare avrebbe potuto modificare l'andamento e le dinamiche del gioco in corso si è rivelato un fallimento.
Il governo greco avrebbe dovuto essere più onesto riguardo a questo punto e chiarire, se possibile, una volta di più che non ci si poteva aspettare più di tanto.
Come la storia ha dimostrato, avere pienamente ragione può rivelarsi inutile in fase di trattativa, specialmente se dall'altra parte vi sono tutti i governi d'Europa assoggettati all'interesse della Germania. Intendiamoci bene, il governo greco non ha mai detto di non voler pagare i propri debiti, intendeva farlo in una maniera "sostenibile" senza necessariamente proiettare il proprio popolo in una seria crisi umanitaria. Dall'altra parte, il mandato elettorale ricevuto a gennaio di quest'anno non prevedeva affatto il fallimento dello stato e l'uscita dall'Euro.
Una cosa molto importante che il governo ha ottenuto con il referendum è senz'altro quella di aver guadagnato la simpatia di tanti popoli d'Europa, che a differenza dei vari governi hanno sostenuto con il cuore la causa greca. Questa è stata la vera vittoria del referendum, dimostrare che il "re è nudo" portare la questione greca e tutte le sue marce dinamiche sotto gli occhi di tutti.
La trattativa che è seguita dopo il referendum è stata tragica per il governo e il popolo greco. Il comportamento dei leader europei è stato a dir poco vergognoso. Vi è stato da parte di tutti un vero e proprio linciaggio del diverso, una punizione esemplare di colui che aveva osato ribellarsi. Ribellarsi, badiamo bene, non facendo una rivoluzione e mettendo in discussione le regole del capitalismo, ma semplicemente rivendicando una maggiore sovranità. Il semplice diritto che un governo dovrebbe avere di decidere dove e come prendere i soldi da rendere ai creditori.
Con il "coltello alla gola" della minaccia di un fallimento immediato, con le banche chiuse, con il rischio reale di non poter pagare gli stipendi e le pensioni del prossimo mese, con i medicinali che iniziavano a scarseggiare nelle farmacie e con la minaccia di tornare alla Dracma e vedere il proprio debito raddoppiato, il governo greco ha accettato di firmare un accordo sfavorevole che sicuramente non ha accontentato e soddisfatto le aspettative createsi con il risultato referendario. Possiamo dire che sicuramente è migliore di quello proposto in partenza, non fosse altro per il cambiamento del "contratto di prestito" che è tornato sotto il diritto europeo e non sotto quello inglese come era in precedenza. Solo questa cosa è da considerare molto importante. Altre cose che il governo è riuscito ad ottenere non sono state ovviamente apprezzate perché sopraffatte dalla grande delusione generata dalle aspettative.
Fino a qui ho cercato di riassumere in brevissimo la storia degli ultimi mesi, perlomeno la storia conosciuta. Esiste però una storia sotterranea che è ben nota a tanti greci e che in molti in Europa neanche sospettano. Per capire questa "storia sotterranea" bisogna essere nati e cresciuti nei Balcani, bisogna aver vissuto sotto la dittatura, essere cresciuti con la minaccia costante di un invasione turca etc.. I Balcani e in particolare la Grecia si trovano in una posizione geografica particolarissima che spesso ha generato attriti e tensioni internazionali. Nei Balcani molte guerre di origine etnica sono state fatte iniziare con lo scopo preciso di distruggere interi stati per poterli poi gestire e controllare economicamente. Vi sono questioni importantissime legate all'energia, al petrolio e al passaggio dei gasdotti che sono tutt'ora aperte.
Questo insieme di fattori nella testa del greco sono ben presenti, tuttavia in qualche momento, come accade a tanti popoli, vengono sottovalutati, ovvero si tende a guardare l'immagine piccola a vantaggio di quella grande, si privilegia l'osservazione delle vicende greche come se queste non fossero inserite in un panorama di interessi più grande. Con questo voglio dire che la Grecia, con molta probabilità non avrebbe avuto neanche la possibilità di suicidarsi economicamente con un'uscita dall'Euro nelle pessime condizioni in cui si trovava e si trova ancora. Una Grecia fuori dall'Euro che disperata economicamente cerca aiuto altrove è un'ipotesi che all'occidente non piace. Sicuramente i servizi segreti occidentali o chi per loro avrebbero fatto il possibile per spingere la Grecia alla rovina completa.
Sono infatti in molti a pensare questa cosa in Grecia, parlando con la gente si sente spesso dire che basterebbe lo spazio temporale di una notte per innescare delle rivolte etniche nel nord del paese, per esempio bruciando delle moschee e aizzando le minoranze greco-musulmane. Questo porterebbe a nuove importanti tensioni con la Turchia, a ritorsioni militari etc.. Spesso, parlando di queste cose con i greci, un'espressione che si sente dire spesso è: in un attimo ci farebbero diventare Serbia...
Un'Europa che si è dimostrata più volte ostile verso la Grecia che cosa avrebbe fatto in una situazione del genere oltre che condannare e stare a guardare?
Questo accordo imposto alla Grecia ha causato l'uscita dal governo Syriza-An.El della "Piattaforma di Sinistra" che si è rifiutata di votare l'accordo in parlamento.
Veniamo adesso alle elezioni che si terranno tra meno di due giorni.
Il maggiore partito di governo, il Syriza si presenta a queste elezioni con molta più realismo della volta precedente. Dopo aver sperimentato e definitivamente capito che non è possibile fare altra politica che questa - almeno fino a quando non cambieranno gli equilibri politici in Europa - chiede il voto degli elettori sulla base di una gestione del memorandum più umana. I sondaggi lo danno con un lieve vantaggio rispetto al maggiore partito di opposizione di destra, ma nella sostanza sono a pari.
Nea Dimokratia si presenta a queste elezioni con un nuovo leader che si chiama Vanghelis Meimarakis e che è andato a sostituire Antonis Samaras dimessosi subito dopo il risultato referendario. Non è niente di speciale, ma confrontato con il fanatismo xenofobo e fascista di Samaras appare sicuramente migliore. La sua tecnica è parlare in una maniera popolare, quasi di strada, in maniera tale da comunicare all'elettore una maggiore vicinanza. Il messaggio che vuole far passare è che "siamo tutti uguali", cioè che Nea Dimokrazia e Syriza sarebbero uguali nella sostanza, perché sia una che l'altra hanno firmato un memorandum.
Da che mondo è mondo un partito che fa schifo ha sempre interesse a convincere gli elettori che sono tutti uguali. Anche se le differenze ci sono eccome.
Inoltre c'è da dire che se può sfruttare il fatto che sia Syriza che Nea Dimokrazia hanno firmato un memorandum c'è sempre da valutare che nella gestione di un pacchetto di provvedimenti economici come questo la differenza tra sinistra e destra è notevole. Solo per fare un esempio, è molto diverso se il governo che gestisce le privatizzazioni fa l'interesse dello stato o l'interesse del compratore.
La "Piattaforma di Sinistra" che faceva parte di Syriza, adesso si è staccata e si chiama Laiki Enotita (unione popolare), si presenta come partito. La loro proposta a grandi linee è di uscire dall'Euro, statalizzare le banche e dichiarare illegittimo il debito. Tutte cose sacrosante in teoria. Tuttavia, forse per una distrazione, tralasciano ancora una volta una seria spiegazione delle conseguenze che ciò comporterebbe. Nei sondaggi vengono dati dal 2,5% a un massimo di 4%.
Gli altri partiti sono rimasti uguali.
Chi vincerà le elezioni non è possibile prevederlo già da ora, ma non ha importanza perché tra pochissimo lo sapremo.
Il Syriza è calato un bel po' nei sondaggi, ma non in maniera eccessiva. Il disgusto per l'Europa è invece molto alto. Di sicuro il primo partito sembra essere quello dell'astensione che trova i propri militanti soprattutto tra i giovani che sono stati proiettati in cielo con la vittoria del referendum e poi scaraventati a terra con la firma del memorandum.
Molti elettori che da Nea Dimokrazia avevano votato Syriza per questioni di comodo adesso torneranno ai vecchi santi, non perché le ragioni economiche che gli spinsero a votare allora un altro partito non sussistono, ma più che altro convinti che il problema degli immigrati siriani che stanno arrivando a migliaia ogni giorno in Europa sia un problema causato dal Syriza, come sostiene il signor Meimarakis.
Con la svolta "realistica" fata dall'ex governo, molto probabilmente molti elettori del Pasok voteranno Syriza. Molti che a gennaio erano spaventati dall'uscita dall'Euro e da tutti i mali che avrebbe portato un governo di sinistra.
Anche un buon numero degli elettori del KKE voteranno Syriza in quanto la questione referendum ha reso ovvio anche ai più fanatici che il partito comunista greco è totalmente disinteressato a finché le cose cambino.
Sinceramente non capisco a cosa sia servito fare un partito come Laiki Enotita, un partito che è l'esatta fotocopia del partito Antarsia che esiste da anni.
C'è sempre da valutare i giochi di potere e gli arrivismi dei vari politici e soprattutto la prima tradizione dei partiti di sinistra che non è ne l'antifascismo ne l'anticapitalismo ma il dividersi.
Lo smembramento di Syriza mette seriamente a rischio la vittoria della sinistra alle elezioni. Il Syriza, nonostante i vari movimenti di voti ipotizzati in precedenza potrebbe non essere il primo partito e quindi il paese si troverebbe con un memorandum gestito dalla destra.
In questo caso il paese si troverebbe con una opposizione di sinistra favolosa e veramente rivoluzionaria che non si è voluta sporcare le mani governando ma con un governo di destra che legittimato dal mandato elettorale potrebbe finalmente distruggere la Grecia.
Se le cose andranno in questo modo si avvererà la "Parentesi di Sinistra", il sogno del ministro delle finanze tedesco. Un periodo breve dove la sinistra si autodistrugge governando e successivamente esce di scena per sempre. Scongiurando ogni altro possibile governo di sinistra in Europa.
giovedì 16 luglio 2015
Potrei e dovrei scrivere qualcosa, un aggiornamento su queste importanti evoluzioni.
Ma non ho tempo. Devo lavorare su altri fronti, non posso e non voglio scrivere una cazzata.
Cazzate che sentenziano e giudicano sul "sentito dire"potrete trovarne a milioni su facebook etc..
Le situazioni e le circostanze qui in Grecia sono molto complicate e meritano una giusta riflessione.
Care lettrici e cari lettori, abbiate pazienza. Non tarderò.
lunedì 13 luglio 2015
Unione Europea vergognati!
Da pochi minuti è finito il vertice di Bruxelles. Il vertice era iniziato ieri nel primo pomeriggio ed è durato tutta la notte per arrivare ad un documento (documento che non mi sembra per niente esatto chiamare "accordo", viste le condizioni di ricatto con il quale è stato ottenuto.)
Questo insieme di misure economiche imposte alla Grecia ha prima di tutto fatto capire al mondo intero di che pasta è fatta l'Unione Europea e quanto miseri sono gli interessi economici di coloro (in primis il governo tedesco) che l'hanno rappresentata.
Come secondo obbiettivo, questo documento dovrebbe, almeno per il momento scongiurare un bancarotta della Grecia. Proprio su questi presupposti, come sicuramente saprete, è girata tutta la trattativa. La questione è durata ore, ma già dall'inizio si sapeva che le due possibilità finali sarebbero state: accordo pessimo o Grexit.
Da pochi minuti è finito il vertice di Bruxelles. Il vertice era iniziato ieri nel primo pomeriggio ed è durato tutta la notte per arrivare ad un documento (documento che non mi sembra per niente esatto chiamare "accordo", viste le condizioni di ricatto con il quale è stato ottenuto.)
Questo insieme di misure economiche imposte alla Grecia ha prima di tutto fatto capire al mondo intero di che pasta è fatta l'Unione Europea e quanto miseri sono gli interessi economici di coloro (in primis il governo tedesco) che l'hanno rappresentata.
Come secondo obbiettivo, questo documento dovrebbe, almeno per il momento scongiurare un bancarotta della Grecia. Proprio su questi presupposti, come sicuramente saprete, è girata tutta la trattativa. La questione è durata ore, ma già dall'inizio si sapeva che le due possibilità finali sarebbero state: accordo pessimo o Grexit.
domenica 12 luglio 2015
Un immagine, mille parole.
L'immagine delle nuove 500 dracma inizia a circolare sul web. Intanto, a Bruxelles il governo greco si sta scontrando con un folto gruppo di assassini economici nella speranza di restare nell'euro.
Il sacrificio e l'umiliazione che viene richiesto per rimanere nella moneta unica inizia forse a superare quello di un fallimento e di un'uscita dall'euro.
L'immagine è stata presa dal sito: info-war.gr
Finisce l'incontro dell'Eurogruppo senza un accordo
I ricatti mafiosi da parte di Schäuble e del ministro finlandese Stubb ostacolano l'accordo
La riunione dell'Eurogruppo di ieri, sabato 11 luglio 2015, si è interrotta dopo otto ore drammatiche per il governo greco. Non è bastato andare a Bruxelles con una proposta tremenda per il popolo greco, dove di fatto si accetta praticamente tutto ciò che solo pochi giorni prima veniva rifiutato con il "no" al referendum.
Le condizioni di discussione e di intesa sono simili a quelle che probabilmente ci furono tra l'esercito nazista e gli abitanti di Marzabotto. Il riferimento al nazismo e alla Linea Gotica non è casuale.
Il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, l'unico a dichiarare qualcosa alla fine di questa lunga giornata ha detto: "Abbiamo avuto una profonda discussione delle proposte greche. Il problema di fondo è la fiducia. Abbiamo discusso anche di finanziamenti. È difficile, ma il lavoro continua."
Secondo alcune informazioni non meglio precisate, ci dovrebbe essere in programma un sessione di dichiarazioni che potrebbe tradursi in un progetto finale, questo potrebbe accadere oggi in serata. Questo eventuale progetto verrebbe poi portato nel vertice allargato di tutti i paesi dell'Europa.
Ieri, per tutta la durata dell'incontro, il ministro tedesco W. Schäuble, spalleggiato e sostenuto dai suoi scagnozzi dei paesi baltici, ha continuato il lavoro intrapreso circa cinque mesi fa, all'inizio delle trattative con il governo Tsipras, ha cioè sistematicamente ostacolato la chiusura delle trattative chiedendo continuamente misure più dure da aggiungere alle già tremende misure contenute nella proposta greca. Come se non bastasse ha sollevato anche un problema di fiducia rispetto alla controparte greca, chiedendo garanzie particolari.
Il ministro W. Schäuble ha reso nota l'esistenza di un progetto del ministero dell'economia tedesco dove si chiede un'uscita di cinque anni della Grecia dalla zona Euro, questa espulsione sarebbe da abbinare ad un programma di aiuti umanitari. In alternativa viene presentato anche un altro programma di tre anni dove lo stato greco sarebbe costretto a dare in pegno delle proprietà per un ammontare di 50 miliardi. Questi piani, non sono stati presentati ufficialmente, sono stati fatti girare a scopo di minaccia, tanto per creare un clima mafioso di ricatto. Restano comunque a portata di mano nel cassetto del ministero dell'economia tedesco.
Come aveva previsto l'ex ministro delle finanze greco Y. Varoufakis in un intervista al Financial Times, questo è l'unico scopo, una vera e propria fissazione del ministro W. Schäuble: il Grexit, un sogno che insegue da mesi. La classica punizione esemplare che veniva fatta dall'esercito nazista per vendicare uno sgarro fatto dalla resistenza. Non solo venivano uccisi prigionieri civili, ma questo doveva avvenire davanti agli occhi dei altri civili che dovevano assistere all'esecuzione. La punizione esemplare era un monito per scoraggiare ogni forma di ribellione. Così viene fatto nei confronti della Grecia. Non bastano mai i passi in avanti che il governo Tsipras sta facendo nel tentativo di arrivare ad un accordo. Lo si vuole punire per aver resistito, lo si vuole umiliare per rendere chiaro a tutti che questa è la sorte che tocca a chi sgarra. Quando i mercati avranno finito con la Grecia, punteranno la prossima vittima, che, vista la sorte toccato al governo greco dovrà pensarci più che bene prima di alzare la testa.
Anche la posizione del ministro finlandese Alexander Stubb ha causato enormi problemi bloccando la trattativa. Il ministro Stubb è stato invitato dal proprio governo a non firmare nessun accordo che deliberi un nuovo programma per la Grecia. Nella coalizione di governo della Finlandia è presente il partito di destra estrema «True Finns» (veri finlandesi) il quale ha minacciato di uscire dalla coalizione di governo in caso venga firmato un accordo con la Grecia. Il mandato che il ministro finlandese ha ricevuto dal proprio governo è molto chiaro e si può riassumere con una parola oramai nota: Grexit.
Quando con insistenza un po' tutti i rappresentanti di tutti i paesi rimasticavano la frase detta dalla Merkel, un po' per inerzia un po' per leccare il culo: "La Grecia si deve presentare con delle proposte serie", sembrava a tutti che la Grecia veramente non avesse intenzione di arrivare ad un accordo. Erano solo i greci, isolati più che mai, ad indicare il fallimento di ogni tentativo di intesa in un problema politico. Il punto non sta e non è mai stato nelle riforme da applicare. La Grecia è sempre stata concorde a pagare i propri debiti. Adesso questa verità è sotto gli occhi di tutti, dimostrando in pieno quanto misera si presenta l'Europa.
Il problema è politico.
Per quanto riguarda la questione finlandese si possono ipotizzare tre scenari:
Il primo è che il partito di estrema destra venga convinto a cambiare posizione.
La seconda ipotesi è che l'alleanza di governo finlandese cambi.
E la terza ipotesi è che si attivi una clausola nel regolamento del ESM, in modo da non far bloccare tutto dai veti e arrivare ad una soluzione votata a maggioranza. Quest'ultima soluzione comporta un altro problema, verrebbe chiamato nuovamente a partecipare al programma il Fondo Monetario Internazionale, così come ha sempre desiderato il ministro delle finanze tedesco.
Secondo fonti diplomatiche riportate su un articolo pubblicato sul sito tvxs.gr, il ministro francese Michel Sapen, che in questa fase spinge per la conclusione dell'accordo con la Grecia, avrebbe l'appoggio di altri dieci paesi. Dall'altra parte si trovano Schäuble in compagnia del ministro finlandese e slovacco. Altri cinque paesi si mantengono per il momento neutrali.
Il voto nel parlamento greco dove ben 251 parlamentari si sono espressi a sostegno e a garanzia dell'accordo non sembra avere un gran peso per il ministro Schäuble, quest'ultimo sta usando la questione "non fiducia" nel governo greco per rincarare la dose di sacrifici da mettere sulle spalle del popolo greco. È stato infatti chiesto al governo greco di inserire una serie di punti preliminari che vanno dal cambiamento dell'imposta IVA alle privatizzazioni, dal cambiamento del sistema pensionistico alla liberalizzazione delle professioni chiuse.
I ricatti mafiosi da parte di Schäuble e del ministro finlandese Stubb ostacolano l'accordo
La riunione dell'Eurogruppo di ieri, sabato 11 luglio 2015, si è interrotta dopo otto ore drammatiche per il governo greco. Non è bastato andare a Bruxelles con una proposta tremenda per il popolo greco, dove di fatto si accetta praticamente tutto ciò che solo pochi giorni prima veniva rifiutato con il "no" al referendum.
Le condizioni di discussione e di intesa sono simili a quelle che probabilmente ci furono tra l'esercito nazista e gli abitanti di Marzabotto. Il riferimento al nazismo e alla Linea Gotica non è casuale.
Il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, l'unico a dichiarare qualcosa alla fine di questa lunga giornata ha detto: "Abbiamo avuto una profonda discussione delle proposte greche. Il problema di fondo è la fiducia. Abbiamo discusso anche di finanziamenti. È difficile, ma il lavoro continua."
Secondo alcune informazioni non meglio precisate, ci dovrebbe essere in programma un sessione di dichiarazioni che potrebbe tradursi in un progetto finale, questo potrebbe accadere oggi in serata. Questo eventuale progetto verrebbe poi portato nel vertice allargato di tutti i paesi dell'Europa.
Ieri, per tutta la durata dell'incontro, il ministro tedesco W. Schäuble, spalleggiato e sostenuto dai suoi scagnozzi dei paesi baltici, ha continuato il lavoro intrapreso circa cinque mesi fa, all'inizio delle trattative con il governo Tsipras, ha cioè sistematicamente ostacolato la chiusura delle trattative chiedendo continuamente misure più dure da aggiungere alle già tremende misure contenute nella proposta greca. Come se non bastasse ha sollevato anche un problema di fiducia rispetto alla controparte greca, chiedendo garanzie particolari.
Il ministro W. Schäuble ha reso nota l'esistenza di un progetto del ministero dell'economia tedesco dove si chiede un'uscita di cinque anni della Grecia dalla zona Euro, questa espulsione sarebbe da abbinare ad un programma di aiuti umanitari. In alternativa viene presentato anche un altro programma di tre anni dove lo stato greco sarebbe costretto a dare in pegno delle proprietà per un ammontare di 50 miliardi. Questi piani, non sono stati presentati ufficialmente, sono stati fatti girare a scopo di minaccia, tanto per creare un clima mafioso di ricatto. Restano comunque a portata di mano nel cassetto del ministero dell'economia tedesco.
Come aveva previsto l'ex ministro delle finanze greco Y. Varoufakis in un intervista al Financial Times, questo è l'unico scopo, una vera e propria fissazione del ministro W. Schäuble: il Grexit, un sogno che insegue da mesi. La classica punizione esemplare che veniva fatta dall'esercito nazista per vendicare uno sgarro fatto dalla resistenza. Non solo venivano uccisi prigionieri civili, ma questo doveva avvenire davanti agli occhi dei altri civili che dovevano assistere all'esecuzione. La punizione esemplare era un monito per scoraggiare ogni forma di ribellione. Così viene fatto nei confronti della Grecia. Non bastano mai i passi in avanti che il governo Tsipras sta facendo nel tentativo di arrivare ad un accordo. Lo si vuole punire per aver resistito, lo si vuole umiliare per rendere chiaro a tutti che questa è la sorte che tocca a chi sgarra. Quando i mercati avranno finito con la Grecia, punteranno la prossima vittima, che, vista la sorte toccato al governo greco dovrà pensarci più che bene prima di alzare la testa.
Anche la posizione del ministro finlandese Alexander Stubb ha causato enormi problemi bloccando la trattativa. Il ministro Stubb è stato invitato dal proprio governo a non firmare nessun accordo che deliberi un nuovo programma per la Grecia. Nella coalizione di governo della Finlandia è presente il partito di destra estrema «True Finns» (veri finlandesi) il quale ha minacciato di uscire dalla coalizione di governo in caso venga firmato un accordo con la Grecia. Il mandato che il ministro finlandese ha ricevuto dal proprio governo è molto chiaro e si può riassumere con una parola oramai nota: Grexit.
Quando con insistenza un po' tutti i rappresentanti di tutti i paesi rimasticavano la frase detta dalla Merkel, un po' per inerzia un po' per leccare il culo: "La Grecia si deve presentare con delle proposte serie", sembrava a tutti che la Grecia veramente non avesse intenzione di arrivare ad un accordo. Erano solo i greci, isolati più che mai, ad indicare il fallimento di ogni tentativo di intesa in un problema politico. Il punto non sta e non è mai stato nelle riforme da applicare. La Grecia è sempre stata concorde a pagare i propri debiti. Adesso questa verità è sotto gli occhi di tutti, dimostrando in pieno quanto misera si presenta l'Europa.
Il problema è politico.
Per quanto riguarda la questione finlandese si possono ipotizzare tre scenari:
Il primo è che il partito di estrema destra venga convinto a cambiare posizione.
La seconda ipotesi è che l'alleanza di governo finlandese cambi.
E la terza ipotesi è che si attivi una clausola nel regolamento del ESM, in modo da non far bloccare tutto dai veti e arrivare ad una soluzione votata a maggioranza. Quest'ultima soluzione comporta un altro problema, verrebbe chiamato nuovamente a partecipare al programma il Fondo Monetario Internazionale, così come ha sempre desiderato il ministro delle finanze tedesco.
Secondo fonti diplomatiche riportate su un articolo pubblicato sul sito tvxs.gr, il ministro francese Michel Sapen, che in questa fase spinge per la conclusione dell'accordo con la Grecia, avrebbe l'appoggio di altri dieci paesi. Dall'altra parte si trovano Schäuble in compagnia del ministro finlandese e slovacco. Altri cinque paesi si mantengono per il momento neutrali.
Il voto nel parlamento greco dove ben 251 parlamentari si sono espressi a sostegno e a garanzia dell'accordo non sembra avere un gran peso per il ministro Schäuble, quest'ultimo sta usando la questione "non fiducia" nel governo greco per rincarare la dose di sacrifici da mettere sulle spalle del popolo greco. È stato infatti chiesto al governo greco di inserire una serie di punti preliminari che vanno dal cambiamento dell'imposta IVA alle privatizzazioni, dal cambiamento del sistema pensionistico alla liberalizzazione delle professioni chiuse.
sabato 11 luglio 2015
La proposta del governo greco disattende le aspettative popolari.
Il risultato referendario non ha aiutato molto il governo greco in questa Europa asfittica. Si è però iniziato a parlare di provvedimenti per la sostenibilità del debito greco.
Come tutti saprete già, il governo greco, dopo il risultato del referendum è tornato al tavolo delle trattative con la Commissione. La speranza è quella di trovare un accordo.
Con il risultato referendario il popolo greco ha affermato in maniera decisa di rifiutare la proposta imposta dalla Commissione il 25 giugno. Il 61,3 % dei greci ha infatti votato "no" e ha rispedito la proposta al mittente. Il governo, dal canto suo, ha incassato il risultato referendario come vittoria e come conferma del gradimento popolare nei confronti del tentativo, durato mesi, per arrivare ad un accordo migliore che superi i limiti dell'austerity. Un'altra grande vittoria del governo greco è stata ottenuta al livello internazionale, quest'ultima è molto importante e non deve essere sottovalutata. Infatti, avendo indetto il referendum, il governo greco ha creato un precedente non indifferente, questo precedente non si esclude che possa portare a una sorta di rivoluzione popolare nel modo di pensare e di accettare le varie imposizioni e quindi ispirare nuovi referendum simili a quello ellenico.
Il popolo greco, vincendo il terrore generato dall'unione delle televisioni private, dei media in generale, dalle varie dichiarazioni dei politici esteri e nazionali filo-austerity e soprattutto dal Capital Controls che hanno fatto coincidere il voto per il "no" con l'automatica espulsione dall'Europa e quindi dall'euro, ha dimostrato che i popoli possono reagire, sono in grado di respingere i meccanismi mediatici di condizionamento usati a dismisura sia in Europa che altrove.
Il voto espresso dal popolo greco ha raccolto il consenso di tantissimi popoli d'Europa (non dei loro governi) che hanno visto davanti ai loro occhi avverarsi qualcosa di incredibile, infatti, come la storia insegna, non era per niente scontata la vittoria del "no". Importante anche la solidarietà ricevuta al livello internazionale da molti governi del sud america che hanno riconosciuto nel voto popolare un deciso tentativo di opporsi a quei meccanismi economici e sociali che prima di noi hanno strangolato molti stati di quel continente.
Il governo greco è quindi potuto tornare al tavolo delle trattative con più forza e determinazione per continuare la trattativa e provare a portare a casa un accordo migliore. È così iniziato il serrato calendario di appuntamenti, incontri, consultazioni per arrivare entro domenica ad un accordo.
Per facilitare lo svolgersi di questa delicata fase, il precedente ministro Varoufakis ha lasciato il posto all'attuale ministro delle finanze Zakalotous. Questo cambio di guardia, che per molti osservatori esteri delle vicende greche è sembrato una cosa strana, specialmente se abbinata alla vittoria del referendum, era in realtà nell'aria e in buona misura prevedibile. Comunque, l'importante è la linea politica che il governo greco segue, non ha grossa importanza chi la rappresenta all'interno dell'Eurogruppo, Yanis Varoufakis non ha lasciato il proprio posto per una diversità di vedute rispetto alla linea tenuta fino a qui e dalle retrovie continua a lavorare.
Ieri è stata divulgata la proposta che il governo greco ha rivolto alla Commissione Europea, se questa proposta verrà accettata, la Grecia prenderà un altro prestito, con questi soldi potrà riportare un po' di normalità nel paese e far ripartire un'economia ferma da mesi. Potrà inoltre pagare la rata al Fondo Monetario Internazionale, rata scaduta alla fine di giugno, che mette la Grecia in posizione di bancarotta tecnica.
La proposta, tranne in alcuni punti, non differisce granché dalla proposta che il referendum aveva bocciato.
Questo ha generato delusione rispetto alle aspettative che l'entusiasmante vittoria al referendum aveva creato.
Perché il governo greco, nonostante la schiacciante vittoria al referendum, ha presentato una tale proposta? Quali equilibri politici e quali margini di trattativa ha potuto sfruttare la Grecia all'interno dell'Europa?
Per dare risposta a queste domande, bisogna fare un po' di considerazioni che collocano la Grecia all'interno di un contesto, l'Unione Europea, con tutte le sue dinamiche politiche ed economiche, i suoi governi, le sue culture, i suoi interessi e le sue egemonie. Dopo aver fatto questo la situazione ci apparirà più chiara.
La Grecia è al momento l'unico governo di sinistra esistente in Europa e quando dico sinistra non intendo la solita social-democrazia che siamo abituati a vedere nel panorama europeo. La differenza tra un governo di destra e una social-democrazia come ad esempio l'Italia è minima o nulla. Le politiche sono le stesse, con la differenza che la social-democrazia le applica, ma con lieve risentimento.
Quindi il governo Tsipras, in questi mesi non ha solo provato a contrattare e a cercare di ottenere delle concessioni, ma ha cercato di portare un'idea totalmente contrastante e diversa nel panorama della contrattazione che scardinasse il concetto storico dell'austerity. Vengono tassati i poveri e guadagnano i ricchi. Questo ha accentuato le differenze politiche e culturali tra il governo ellenico e il resto dei governi dell'Europa.
Il confronto che c'è stato all'interno dell'Europarlamento sulla questione greca, solo alcuni giorni fa, ha dimostrato in tutta la sua crudezza come il risultato referendario greco non venga minimamente considerato. Tutti, all'inizio del proprio intervento, si sono ovviamente preoccupati di dire che ne prendono atto e lo rispettano, ma questo rispetto, è chiaro, che non si traduce in fatti.
Il rispetto per la decisione democratica del popolo greco, cade nel vuoto in un contesto democratico degenerato come quello che domina adesso in Europa.
Tanti parlamentari europei hanno accusato la Grecia di non voler fare niente di concreto per arrivare ad un accordo. Questo non è vero. Che cosa intendono per qualcosa di concreto e serio? L'applicazione delle misure di austerity e neo liberiste che sono di gran moda in Europa in questo momento. Invece, il governo greco ha sempre sostenuto un'altra via, quella dello sviluppo e della tassazione di quei ceti elevati fino ad oggi immuni. La tutela di pensioni e salari.
L'ironia e il disprezzo verso la Grecia ostentato da tanti paesi schierati sotto l'ombrello della Germania ha posto il governo greco nella difficile posizione di dover decidere tra un accordo brutto o un Grexit.
Tanto per chiarire un minimo gli equilibri che il governo greco ha trovato davanti a se, vi elenco le posizioni dei membri dell'Unione Europea rispetto alla reale possibilità di un Grexit.
Sostengono e sono pronti ad un Grexit:
Slovenia (Miro Cerar) Estonia (Taavi Roivas) Germania (Angela Merkel) Slovachia (Robert Fico) Finlandia (Juha Sipila) Lithuania (Algirdas Butkevicius) Lettonia (Andris Berzins) Belgio (Charles Michael) Austria (Werner Faymann) Olanda (Marke Rutte). Sono dieci in totale, sono tanti.
A questi vanno aggiunti coloro che sono concordi con un Grexit, ma vorrebbero evitarlo se possibile. Questi sono:
Luxenburgo (Xavier Bettel) Spagna (Mariano Rajoy) Irlanda (Enda Kenny) Malta (Josef Muscat) Portogallo (Pedro Passos Coelho) e all'interno dell'eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
Coloro che invece hanno escluso un Grexit sono:
Italia (Matteo Renzi) e Francia (Francois Hollande). Jean-Clude Junker della Commissione Europea e Martin Schulz del Parlamento Europeo. Questi sono i buoni...si fa per dire.
Ricordiamoci le dichiarazioni congiunte di Schulz e di Renzi che paventavano un'uscita dall'Euro e un ritorno alla Dracma in caso di vittoria del "no" al referendum. Anche Hollande e Junker si sono sempre prodigati perché la Grecia accetti l'imposizione della Commissione Europea. La differenza dagli altri, che sostengono un Grexit è millimetrica e concettuale.
In questo clima asfittico si muove la Grecia.
Coloro che si aspettavano un accordo eccezionale sulla spinta del referendum, ovviamente sono rimasti delusi. Anch'io mi aspettavo, o meglio speravo, in una proposta migliore. So che questi accordi si potranno ritrattare se in Europa verranno a cambiare gli equilibri politici, specialmente dei grandi stati che hanno una grande produttività come Italia, Spagna e Francia e quindi un maggiore peso politico. Ciò che mi amareggia di più è che in questa proposta è contenuta anche la privatizzazione di tanti beni della Grecia.
Il TAIPED l'organo delegato alla vendita di spiagge, immobili, siti archeologici e servizi come l'azienda della corrente e gli aeroporti tornerà ad essere funzionante. Penso che gli accordi economici, le tasse e tante altre cose potranno essere cambiati e migliorati in futuro, sono in una certa maniera "cose di passaggio", quando invece qualcosa viene venduto, viene sottratto per sempre al patrimonio pubblico. Il governo Samaras, il fondatore del TAIPED aveva iniziato ad usare questo periodo di emergenza e di bisogno in cui si trova la Grecia per svendere a parenti ed amici le ricchezze del paese. Vedremo se questo governo vorrà e potrà trattare la questione vendite in altra maniera. Resta il fatto tragico della privatizzazione di tante ricchezze, indipendentemente se queste verranno svendute o vendute per un prezzo alto.
Proprio su questo punto è girata tutta la pressione psicologica, politica ed ovviamente economica della trattativa. Il Grexit è stato ed è legato proprio alla questione delle privatizzazioni. Privatizzazioni in cui le multinazionali tedesche faranno la parte del leone. Molti accordi di vendita erano già pronti e sarebbero già stati effettuati se non ci fosse stato il cambio di governo avvenuto a gennaio.
In molti a questo punto si chiederanno se accettare un accordo "difficile" com'è stato definito con un eufemismo dal ministro delle finanze greco è migliore che affrontare un Grexit.
Per questa domanda non ho una risposta certa, posso comunque provare a fare delle riflessioni.
Prima di tutto è bene capire che un Grexit non significherebbe l'estinzione del debito che la Grecia ha sulle spalle. Questo debito resterebbe e andrebbe pagato con la nuova-vecchia moneta greca, la Dracma, che a quel punto non avrebbe un gran valore e renderebbe ancora, se possibile, più insostenibile il debito del paese. Inoltre un Grexit danneggerebbe in maniera forte tanti stati dell'Europa, quindi in caso di Grexit devono essere ben chiare sia le responsabilità che le dinamiche in cui si è verificato. Un'uscita dall'Euro unilaterale ellenica equivarrebbe ad un suicidio, tutti gli stati dell'Europa correrebbero a "mangiare viva" la Grecia. Un'uscita imposta dalla Germania come punizione al popolo greco e dopo una proposta di accordo come quella appena presentata dal governo, verrebbe vista con un altro occhio e vi sarebbe senz'altro una maggiore solidarietà da parte di tanti paesi.
Il Grexit è sempre stata una fissazione per il ministro tedesco W. Schäuble. Da sempre lo ha usato per ricattare il governo greco durante la trattativa. In un articolo di Y. Varoufakis dove vengono descritte le condizioni in cui si tenevano le trattative a Bruxelles dopo il rifiuto della continuazione del programma, si legge:
"Seguirono cinque mesi di negoziati con una situazione monetaria soffocante e un andamento bancario sotto la supervisione e l'esecuzione della Banca Centrale Europea. Il messaggio era chiaro: se non ti arrendi, presto saremo di fronte ai controlli sui capitali, prelievi da ATM, una chiusura delle banche prolungata e infine Grexit"
W. Schäuble ha sempre usato l'argomento Grexit per incutere paura e imporre disciplina in Europa. Nel 2012 valutò addirittura che il costo di un Grexit sarebbe valso a rimettere la Francia in riga.
Ciò di cui non ha mai voluto sentir parlare Schäuble è una ristrutturazione del debito. Ogni tentativo di mettere sul tavolo della trattativa questo argomento è stato soffocato dall'imposizione di altre misure di austerity. Ovviamente le ragioni di questo essere contro ad una ristrutturazione del debito greco sono chiare, un debito insostenibile da un potere illimitato ai creditori. Proprio la Germania ha cercato di censurare la notizia divulgata dal Fondo Monetario Internazionale rispetto all'insostenibilità del debito greco arrivata poco prima del voto referendario. Censurare questa notizia avrebbe reso più naturale l'accettare da parte del popolo greco di un altro pacchetto di austerity.
In questi ultimi giorni si è tornati a parlare in maniera più insistente di un eventuale taglio del debito, da più parti arrivano dichiarazioni in questo senso.
Aver riacceso la questione della ristrutturazione del debito, anche grazie al referendum, è da considerare un importante passo avanti verso una soluzione praticabile della crisi greca.
Penso che in una guerra si vincono e si perdono delle battagli. Queste battaglie vinte o perse hanno un importanza relativa alla fine della guerra. Questa proposta del governo greco arriva alla fine di mesi di contrattazione per arrivare ad una soluzione praticabile. Una soluzione è da considerarsi praticabile solo se comprende dei provvedimenti seri per quanto riguarda la sostenibilità del debito.
La proposta del governo contiene delle cose diverse e sicuramente migliori della proposta della Commissione Europea, certo che non resterà nella storia come una battaglia vinta. Molti punti vengono lasciati imprecisi, e penso che il governo possa usare questa imprecisione per avere un piccolo spazio di manovra e poter gestire il proprio paese in maniera più autonoma.
Staremo a vedere, tra un giorno sapremo come e se verrà accettata dai creditori. Ovviamente cercheranno fino all'ultimo di peggiorala e di aggiungere altri punti per umiliare ancora di più la parte greca. Staremo a vedere anche che cosa vorrà fare Schäuble, accetterà la proposta greca o come sostiene Y. Varoufakis insisterà con l'ipotesi Grexit per "ripulire l'atmosfera in Europa" e intimidire tutti punendo la Grecia.
Comunque la guerra non è finita, il popolo greco è ancora molto combattivo e ogni tentativo di piegarlo sembra al contrario rafforzarlo.
Per chi è interessato a sapere che pensano i greci del loro governo e delle questioni legate alla trattativa, chiudo con un sondaggio pubblicato dalla Metron Analysis il 10 luglio 2015. Riguarda la popolarità del governo Tsipras. Alla domanda: Se ci fossero le elezioni politiche oggi chi voteresti? Il 38,5% risponde Syriza, con percentuali sempre più basse seguono, 19,1% Nea Dimokratia, 5,3% Potami, 4,3% Chrisi Avghi, 4,2% Pasok e al 3,8% KKE. Gli Anexartiti Ellines si trovano al 2,7%.
Alla domanda: Cosa preferiresti che il primo ministro facesse rispetto ad un accordo? Il 75% vorrebbe che si arrivasse ad un compromesso. Il 21% vorrebbe che il primo ministro fosse irremovibile. Oltre il 77% degli intervistati ritiene che alla fine verrà raggiunto un accordo con i suoi creditori, il 14% pensa che il governo finirà in rovina.
Ponendo in fine la domanda. Vorresti restare nella zona euro? L'84% si è espresso per l'Euro, mentre il 12% a favore della Dracma.
Il risultato referendario non ha aiutato molto il governo greco in questa Europa asfittica. Si è però iniziato a parlare di provvedimenti per la sostenibilità del debito greco.
Come tutti saprete già, il governo greco, dopo il risultato del referendum è tornato al tavolo delle trattative con la Commissione. La speranza è quella di trovare un accordo.
Con il risultato referendario il popolo greco ha affermato in maniera decisa di rifiutare la proposta imposta dalla Commissione il 25 giugno. Il 61,3 % dei greci ha infatti votato "no" e ha rispedito la proposta al mittente. Il governo, dal canto suo, ha incassato il risultato referendario come vittoria e come conferma del gradimento popolare nei confronti del tentativo, durato mesi, per arrivare ad un accordo migliore che superi i limiti dell'austerity. Un'altra grande vittoria del governo greco è stata ottenuta al livello internazionale, quest'ultima è molto importante e non deve essere sottovalutata. Infatti, avendo indetto il referendum, il governo greco ha creato un precedente non indifferente, questo precedente non si esclude che possa portare a una sorta di rivoluzione popolare nel modo di pensare e di accettare le varie imposizioni e quindi ispirare nuovi referendum simili a quello ellenico.
Il popolo greco, vincendo il terrore generato dall'unione delle televisioni private, dei media in generale, dalle varie dichiarazioni dei politici esteri e nazionali filo-austerity e soprattutto dal Capital Controls che hanno fatto coincidere il voto per il "no" con l'automatica espulsione dall'Europa e quindi dall'euro, ha dimostrato che i popoli possono reagire, sono in grado di respingere i meccanismi mediatici di condizionamento usati a dismisura sia in Europa che altrove.
Il voto espresso dal popolo greco ha raccolto il consenso di tantissimi popoli d'Europa (non dei loro governi) che hanno visto davanti ai loro occhi avverarsi qualcosa di incredibile, infatti, come la storia insegna, non era per niente scontata la vittoria del "no". Importante anche la solidarietà ricevuta al livello internazionale da molti governi del sud america che hanno riconosciuto nel voto popolare un deciso tentativo di opporsi a quei meccanismi economici e sociali che prima di noi hanno strangolato molti stati di quel continente.
Il governo greco è quindi potuto tornare al tavolo delle trattative con più forza e determinazione per continuare la trattativa e provare a portare a casa un accordo migliore. È così iniziato il serrato calendario di appuntamenti, incontri, consultazioni per arrivare entro domenica ad un accordo.
Per facilitare lo svolgersi di questa delicata fase, il precedente ministro Varoufakis ha lasciato il posto all'attuale ministro delle finanze Zakalotous. Questo cambio di guardia, che per molti osservatori esteri delle vicende greche è sembrato una cosa strana, specialmente se abbinata alla vittoria del referendum, era in realtà nell'aria e in buona misura prevedibile. Comunque, l'importante è la linea politica che il governo greco segue, non ha grossa importanza chi la rappresenta all'interno dell'Eurogruppo, Yanis Varoufakis non ha lasciato il proprio posto per una diversità di vedute rispetto alla linea tenuta fino a qui e dalle retrovie continua a lavorare.
Ieri è stata divulgata la proposta che il governo greco ha rivolto alla Commissione Europea, se questa proposta verrà accettata, la Grecia prenderà un altro prestito, con questi soldi potrà riportare un po' di normalità nel paese e far ripartire un'economia ferma da mesi. Potrà inoltre pagare la rata al Fondo Monetario Internazionale, rata scaduta alla fine di giugno, che mette la Grecia in posizione di bancarotta tecnica.
La proposta, tranne in alcuni punti, non differisce granché dalla proposta che il referendum aveva bocciato.
Questo ha generato delusione rispetto alle aspettative che l'entusiasmante vittoria al referendum aveva creato.
Perché il governo greco, nonostante la schiacciante vittoria al referendum, ha presentato una tale proposta? Quali equilibri politici e quali margini di trattativa ha potuto sfruttare la Grecia all'interno dell'Europa?
Per dare risposta a queste domande, bisogna fare un po' di considerazioni che collocano la Grecia all'interno di un contesto, l'Unione Europea, con tutte le sue dinamiche politiche ed economiche, i suoi governi, le sue culture, i suoi interessi e le sue egemonie. Dopo aver fatto questo la situazione ci apparirà più chiara.
La Grecia è al momento l'unico governo di sinistra esistente in Europa e quando dico sinistra non intendo la solita social-democrazia che siamo abituati a vedere nel panorama europeo. La differenza tra un governo di destra e una social-democrazia come ad esempio l'Italia è minima o nulla. Le politiche sono le stesse, con la differenza che la social-democrazia le applica, ma con lieve risentimento.
Quindi il governo Tsipras, in questi mesi non ha solo provato a contrattare e a cercare di ottenere delle concessioni, ma ha cercato di portare un'idea totalmente contrastante e diversa nel panorama della contrattazione che scardinasse il concetto storico dell'austerity. Vengono tassati i poveri e guadagnano i ricchi. Questo ha accentuato le differenze politiche e culturali tra il governo ellenico e il resto dei governi dell'Europa.
Il confronto che c'è stato all'interno dell'Europarlamento sulla questione greca, solo alcuni giorni fa, ha dimostrato in tutta la sua crudezza come il risultato referendario greco non venga minimamente considerato. Tutti, all'inizio del proprio intervento, si sono ovviamente preoccupati di dire che ne prendono atto e lo rispettano, ma questo rispetto, è chiaro, che non si traduce in fatti.
Il rispetto per la decisione democratica del popolo greco, cade nel vuoto in un contesto democratico degenerato come quello che domina adesso in Europa.
Tanti parlamentari europei hanno accusato la Grecia di non voler fare niente di concreto per arrivare ad un accordo. Questo non è vero. Che cosa intendono per qualcosa di concreto e serio? L'applicazione delle misure di austerity e neo liberiste che sono di gran moda in Europa in questo momento. Invece, il governo greco ha sempre sostenuto un'altra via, quella dello sviluppo e della tassazione di quei ceti elevati fino ad oggi immuni. La tutela di pensioni e salari.
L'ironia e il disprezzo verso la Grecia ostentato da tanti paesi schierati sotto l'ombrello della Germania ha posto il governo greco nella difficile posizione di dover decidere tra un accordo brutto o un Grexit.
Tanto per chiarire un minimo gli equilibri che il governo greco ha trovato davanti a se, vi elenco le posizioni dei membri dell'Unione Europea rispetto alla reale possibilità di un Grexit.
Sostengono e sono pronti ad un Grexit:
Slovenia (Miro Cerar) Estonia (Taavi Roivas) Germania (Angela Merkel) Slovachia (Robert Fico) Finlandia (Juha Sipila) Lithuania (Algirdas Butkevicius) Lettonia (Andris Berzins) Belgio (Charles Michael) Austria (Werner Faymann) Olanda (Marke Rutte). Sono dieci in totale, sono tanti.
A questi vanno aggiunti coloro che sono concordi con un Grexit, ma vorrebbero evitarlo se possibile. Questi sono:
Luxenburgo (Xavier Bettel) Spagna (Mariano Rajoy) Irlanda (Enda Kenny) Malta (Josef Muscat) Portogallo (Pedro Passos Coelho) e all'interno dell'eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
Coloro che invece hanno escluso un Grexit sono:
Italia (Matteo Renzi) e Francia (Francois Hollande). Jean-Clude Junker della Commissione Europea e Martin Schulz del Parlamento Europeo. Questi sono i buoni...si fa per dire.
Ricordiamoci le dichiarazioni congiunte di Schulz e di Renzi che paventavano un'uscita dall'Euro e un ritorno alla Dracma in caso di vittoria del "no" al referendum. Anche Hollande e Junker si sono sempre prodigati perché la Grecia accetti l'imposizione della Commissione Europea. La differenza dagli altri, che sostengono un Grexit è millimetrica e concettuale.
In questo clima asfittico si muove la Grecia.
Coloro che si aspettavano un accordo eccezionale sulla spinta del referendum, ovviamente sono rimasti delusi. Anch'io mi aspettavo, o meglio speravo, in una proposta migliore. So che questi accordi si potranno ritrattare se in Europa verranno a cambiare gli equilibri politici, specialmente dei grandi stati che hanno una grande produttività come Italia, Spagna e Francia e quindi un maggiore peso politico. Ciò che mi amareggia di più è che in questa proposta è contenuta anche la privatizzazione di tanti beni della Grecia.
Il TAIPED l'organo delegato alla vendita di spiagge, immobili, siti archeologici e servizi come l'azienda della corrente e gli aeroporti tornerà ad essere funzionante. Penso che gli accordi economici, le tasse e tante altre cose potranno essere cambiati e migliorati in futuro, sono in una certa maniera "cose di passaggio", quando invece qualcosa viene venduto, viene sottratto per sempre al patrimonio pubblico. Il governo Samaras, il fondatore del TAIPED aveva iniziato ad usare questo periodo di emergenza e di bisogno in cui si trova la Grecia per svendere a parenti ed amici le ricchezze del paese. Vedremo se questo governo vorrà e potrà trattare la questione vendite in altra maniera. Resta il fatto tragico della privatizzazione di tante ricchezze, indipendentemente se queste verranno svendute o vendute per un prezzo alto.
Proprio su questo punto è girata tutta la pressione psicologica, politica ed ovviamente economica della trattativa. Il Grexit è stato ed è legato proprio alla questione delle privatizzazioni. Privatizzazioni in cui le multinazionali tedesche faranno la parte del leone. Molti accordi di vendita erano già pronti e sarebbero già stati effettuati se non ci fosse stato il cambio di governo avvenuto a gennaio.
In molti a questo punto si chiederanno se accettare un accordo "difficile" com'è stato definito con un eufemismo dal ministro delle finanze greco è migliore che affrontare un Grexit.
Per questa domanda non ho una risposta certa, posso comunque provare a fare delle riflessioni.
Prima di tutto è bene capire che un Grexit non significherebbe l'estinzione del debito che la Grecia ha sulle spalle. Questo debito resterebbe e andrebbe pagato con la nuova-vecchia moneta greca, la Dracma, che a quel punto non avrebbe un gran valore e renderebbe ancora, se possibile, più insostenibile il debito del paese. Inoltre un Grexit danneggerebbe in maniera forte tanti stati dell'Europa, quindi in caso di Grexit devono essere ben chiare sia le responsabilità che le dinamiche in cui si è verificato. Un'uscita dall'Euro unilaterale ellenica equivarrebbe ad un suicidio, tutti gli stati dell'Europa correrebbero a "mangiare viva" la Grecia. Un'uscita imposta dalla Germania come punizione al popolo greco e dopo una proposta di accordo come quella appena presentata dal governo, verrebbe vista con un altro occhio e vi sarebbe senz'altro una maggiore solidarietà da parte di tanti paesi.
Il Grexit è sempre stata una fissazione per il ministro tedesco W. Schäuble. Da sempre lo ha usato per ricattare il governo greco durante la trattativa. In un articolo di Y. Varoufakis dove vengono descritte le condizioni in cui si tenevano le trattative a Bruxelles dopo il rifiuto della continuazione del programma, si legge:
"Seguirono cinque mesi di negoziati con una situazione monetaria soffocante e un andamento bancario sotto la supervisione e l'esecuzione della Banca Centrale Europea. Il messaggio era chiaro: se non ti arrendi, presto saremo di fronte ai controlli sui capitali, prelievi da ATM, una chiusura delle banche prolungata e infine Grexit"
W. Schäuble ha sempre usato l'argomento Grexit per incutere paura e imporre disciplina in Europa. Nel 2012 valutò addirittura che il costo di un Grexit sarebbe valso a rimettere la Francia in riga.
Ciò di cui non ha mai voluto sentir parlare Schäuble è una ristrutturazione del debito. Ogni tentativo di mettere sul tavolo della trattativa questo argomento è stato soffocato dall'imposizione di altre misure di austerity. Ovviamente le ragioni di questo essere contro ad una ristrutturazione del debito greco sono chiare, un debito insostenibile da un potere illimitato ai creditori. Proprio la Germania ha cercato di censurare la notizia divulgata dal Fondo Monetario Internazionale rispetto all'insostenibilità del debito greco arrivata poco prima del voto referendario. Censurare questa notizia avrebbe reso più naturale l'accettare da parte del popolo greco di un altro pacchetto di austerity.
In questi ultimi giorni si è tornati a parlare in maniera più insistente di un eventuale taglio del debito, da più parti arrivano dichiarazioni in questo senso.
Aver riacceso la questione della ristrutturazione del debito, anche grazie al referendum, è da considerare un importante passo avanti verso una soluzione praticabile della crisi greca.
Penso che in una guerra si vincono e si perdono delle battagli. Queste battaglie vinte o perse hanno un importanza relativa alla fine della guerra. Questa proposta del governo greco arriva alla fine di mesi di contrattazione per arrivare ad una soluzione praticabile. Una soluzione è da considerarsi praticabile solo se comprende dei provvedimenti seri per quanto riguarda la sostenibilità del debito.
La proposta del governo contiene delle cose diverse e sicuramente migliori della proposta della Commissione Europea, certo che non resterà nella storia come una battaglia vinta. Molti punti vengono lasciati imprecisi, e penso che il governo possa usare questa imprecisione per avere un piccolo spazio di manovra e poter gestire il proprio paese in maniera più autonoma.
Staremo a vedere, tra un giorno sapremo come e se verrà accettata dai creditori. Ovviamente cercheranno fino all'ultimo di peggiorala e di aggiungere altri punti per umiliare ancora di più la parte greca. Staremo a vedere anche che cosa vorrà fare Schäuble, accetterà la proposta greca o come sostiene Y. Varoufakis insisterà con l'ipotesi Grexit per "ripulire l'atmosfera in Europa" e intimidire tutti punendo la Grecia.
Comunque la guerra non è finita, il popolo greco è ancora molto combattivo e ogni tentativo di piegarlo sembra al contrario rafforzarlo.
Per chi è interessato a sapere che pensano i greci del loro governo e delle questioni legate alla trattativa, chiudo con un sondaggio pubblicato dalla Metron Analysis il 10 luglio 2015. Riguarda la popolarità del governo Tsipras. Alla domanda: Se ci fossero le elezioni politiche oggi chi voteresti? Il 38,5% risponde Syriza, con percentuali sempre più basse seguono, 19,1% Nea Dimokratia, 5,3% Potami, 4,3% Chrisi Avghi, 4,2% Pasok e al 3,8% KKE. Gli Anexartiti Ellines si trovano al 2,7%.
Alla domanda: Cosa preferiresti che il primo ministro facesse rispetto ad un accordo? Il 75% vorrebbe che si arrivasse ad un compromesso. Il 21% vorrebbe che il primo ministro fosse irremovibile. Oltre il 77% degli intervistati ritiene che alla fine verrà raggiunto un accordo con i suoi creditori, il 14% pensa che il governo finirà in rovina.
Ponendo in fine la domanda. Vorresti restare nella zona euro? L'84% si è espresso per l'Euro, mentre il 12% a favore della Dracma.
domenica 5 luglio 2015
Grecia. Domenica 5 luglio 2015 - Ore 20:50
Il fronte del "no" sta stravincendo con il 61%. Questo dato è stato divulgato dall'agenzia incaricata di fare le proiezioni ufficiali su base dei dati reali scrutinati. Mi sembra impossibile come nonostante il regime di terrore costruito intorno al referendum da parte dei mass media e dalle dichiarazioni minacciose dei vari politici esteri la democrazia ha vinto. Davanti alla possibilità di scegliere il popolo greco non si è fatto intimidire. Questo voto contro l'austerità è un voto che apre nuove e positive prospettive per tutti i popoli d'Europa. Certo, sarà una strada difficile e in salita. Più volte, con dichiarazioni provenienti dalla Commissione Europea, il problema è stato indicato direttamente nel governo Syriza. Hanno cercato di screditarlo e di umiliarlo davanti al proprio popolo. Ma non ci sono riusciti. I greci hanno rinnovato la fiducia in una trattativa per un futuro migliore per tutti. Il voto referendario è da considerare la seconda vittoria del governo greco, la prima è aver mobilitato milioni di persone sulla questione greca. Sulla mancanza di democrazia in Europa.
Adesso più che mai sarà importante la solidarietà internazionale. Visto che il capitalismo non è riuscito a piegare questo popolo è facile prevedere che adesso cercherà in tutti i modi di spezzarlo.
Invito tutti a restare mobilitati, informati e attivi per il nostro e vostro futuro!
Il fronte del "no" sta stravincendo con il 61%. Questo dato è stato divulgato dall'agenzia incaricata di fare le proiezioni ufficiali su base dei dati reali scrutinati. Mi sembra impossibile come nonostante il regime di terrore costruito intorno al referendum da parte dei mass media e dalle dichiarazioni minacciose dei vari politici esteri la democrazia ha vinto. Davanti alla possibilità di scegliere il popolo greco non si è fatto intimidire. Questo voto contro l'austerità è un voto che apre nuove e positive prospettive per tutti i popoli d'Europa. Certo, sarà una strada difficile e in salita. Più volte, con dichiarazioni provenienti dalla Commissione Europea, il problema è stato indicato direttamente nel governo Syriza. Hanno cercato di screditarlo e di umiliarlo davanti al proprio popolo. Ma non ci sono riusciti. I greci hanno rinnovato la fiducia in una trattativa per un futuro migliore per tutti. Il voto referendario è da considerare la seconda vittoria del governo greco, la prima è aver mobilitato milioni di persone sulla questione greca. Sulla mancanza di democrazia in Europa.
Adesso più che mai sarà importante la solidarietà internazionale. Visto che il capitalismo non è riuscito a piegare questo popolo è facile prevedere che adesso cercherà in tutti i modi di spezzarlo.
Invito tutti a restare mobilitati, informati e attivi per il nostro e vostro futuro!
Grecia. Domenica 5 luglio 2015 - Ore 19: 51
Ascolto la radio greca. Parlano dei risultati del referendum che piano piano arrivano. Prima arrivano quelli dei piccoli paesi dove lo spoglio è durato poco. In quasi tutti il "no" è in vantaggio, in alcuni le percentuali del "no" sono impressionanti. E intanto hanno come sottofondo musicale "Bella Ciao".
Ascolto la radio greca. Parlano dei risultati del referendum che piano piano arrivano. Prima arrivano quelli dei piccoli paesi dove lo spoglio è durato poco. In quasi tutti il "no" è in vantaggio, in alcuni le percentuali del "no" sono impressionanti. E intanto hanno come sottofondo musicale "Bella Ciao".
Grecia. Domenica 5 luglio 2015 - Ore 19: 34
Il canale televisivo France 24 ha appena reso noti i dati di un sondaggio commissionato dalla stessa emittente francese dove viene attribuito il 52% al fronte del "NO".
Ricordo a tutti che i dati finali sono previsti alle ore 21 ora greca. (ore 20 in Italia)
Il canale televisivo France 24 ha appena reso noti i dati di un sondaggio commissionato dalla stessa emittente francese dove viene attribuito il 52% al fronte del "NO".
Ricordo a tutti che i dati finali sono previsti alle ore 21 ora greca. (ore 20 in Italia)
Grecia. Domenica 5 luglio 2015 - Ore 19: 20
Vittoria del "NO" su tutti i sondaggi commissionati dalle tv private. Il "NO" è in vantaggio con il 51,5% contro il 48,5% del "SI", questo dato ci viene dal sondaggio GPO commissionato dall'emittente Mega.
Il dato è stato raccolto fino alle ore 16 di questa domenica su un campione di 2000 persone.
Vittoria del "NO" su tutti i sondaggi commissionati dalle tv private. Il "NO" è in vantaggio con il 51,5% contro il 48,5% del "SI", questo dato ci viene dal sondaggio GPO commissionato dall'emittente Mega.
Il dato è stato raccolto fino alle ore 16 di questa domenica su un campione di 2000 persone.
Grecia. Domenica 5 luglio 2015 - Ore 19:00
Chiudono le urne. L'affluenza al voto è stata altissima. Si parla del 65%.
Alcuni voci insistenti danno il fronte del "NO" in vantaggio di 3 punti. Addirittura uno dei sondaggi da 8 punti di vantaggio. Niente è ufficiale. Inizia adesso lo spoglio delle schede. Restate collegati. Aggiornamenti continui sul blog.
Chiudono le urne. L'affluenza al voto è stata altissima. Si parla del 65%.
Alcuni voci insistenti danno il fronte del "NO" in vantaggio di 3 punti. Addirittura uno dei sondaggi da 8 punti di vantaggio. Niente è ufficiale. Inizia adesso lo spoglio delle schede. Restate collegati. Aggiornamenti continui sul blog.
Tre scenari per il dopo referendum
Sulla base del risultato referendario si possono ipotizzare tre scenari diversi. Se vince il fronte del "NO", quello del "SI" con un piccolo margine o la vittoria decisa del "SI".
Le cose potrebbero evolversi in questo modo.
In questi giorni di campagna elettorale referendaria abbiamo visto cambiare le percentuali del "no" e del "si" in maniera consistente. Immediatamente dopo il rifiuto dell'accordo imposto dalla ex-troika il 25 giugno e l'annuncio del referendum, le percentuali dei votanti orientati verso il "no" erano molto alte. Intorno al 57% per il "no" e 30% per il "si". Il rifiuto dell'accordo era quindi ritenuto, dalla maggioranza dei votanti una cosa giusta e veniva sostenuta. Il governo si era mostrato coerente con il proprio mandato elettorale, in più, dopo anni di "memorandum" il popolo greco conosceva benissimo il contenuto dell'accordo, forse non punto per punto, ma un'idea completa di ciò che significa vivere in regime di memorandum era chiara a tutti. Le posizioni del governo erano chiare: restare in Europa e nell'euro con un accordo applicabile.
In questo tempo che ha separato il giorno dell'annuncio del referendum da oggi, giorno in cui si vota, le percentuali del fronte del "si" sono incrementate fino a raggiungere una sostanziale parità. La proposta della commissione europea non è cambiata. I cittadini sono invitati ad esprimere un parere su quella presentata il 25 giugno e ritenuta "inapplicabile" dal governo. Altre proposte o modifiche di quella proposta non ve ne sono state. Che cosa è cambiato quindi? Che cosa è stato determinante per questo "cambio di opinione"?
Il regime di terrorismo psicologico a cui sono stati sottoposti i greci.
Questo ha determinato il variare delle percentuali di voto.
Dal giorno stesso in cui è stato indetto il referendum è iniziata una vera e propria pioggia di dichiarazioni dei vari Merkel, Schäuble, Schulz, Renzi, Hollande, Junker etc.. tesa a terrorizzare il popolo greco. Un rifiuto di quell'accordo è stato presentato come una sicura uscita dall'euro (Grexit) e un ritorno alla dracma. A più riprese i vari primi ministri degli stati europei hanno ripetuto le parole di Schäuble, appiattendosi ancora di più, se è possibile, sulle posizioni del governo tedesco. C'è da dire che la solidarietà dei popoli d'Europa è cresciuta in maniera proporzionale alle dichiarazioni dei vari politici del terrore.
Le televisioni private greche hanno poi giocato un ruolo sporchissimo. Da subito si sono schierate con il fronte del "si", vedendo in una vittoria del "si" un guadagno immediato, soprattutto economico. Il governo Tsipras è stato il primo della storia greca ha chiedere che le frequenze dei canali privati venissero pagate, com'è sempre stato per legge. Legge, disattesa completamente da tutti i precedenti governi che hanno usato l'impunità verso le emittenti come moneta di scambio per l'appoggio politico.
I canali privati hanno quindi sfruttato la campagna referendaria per sferrare un deciso attacco al governo. Ventiquattro ore su ventiquattro hanno dato spazio alla propaganda per il "si". Le proporzioni nei dibattiti televisivi erano in media un rappresentante ha sostenere il "no" e cinque per il "si". In più hanno pilotato e gestito la crescita del panico. Hanno iniziato a parlare con insistenza di file ai bancomat per mettere al sicuro i propri risparmi, riciclando immagini di repertorio di Cipro e puntualmente sono riusciti a generare le file vere ai bancomat. Hanno dato la notizia inesistente dell'assalto ai supermercati e di conseguenza hanno spinto il popolo greco ha rifornirsi di ogni genere alimentare in scatola e a lunga conservazione. Cose ridicole, ma perfettamente funzionanti in una società che in gran parte si nutre di televisione e si informa quasi esclusivamente da quella fonte.
Il fronte del "si", ovviamente non si poteva presentare come fronte per l'austerity e il sostegno al memorandum, quindi si sono caratterizzati distorcendo il messaggio, come fronte per l'euro e per l'Europa. Lo slogan era "Restiamo in Europa".
Ciò che è stato determinante è stato il Capital Control applicato alle banche greche per frenare l'emorragia di liquidità provocata dalla "caccia al bancomat" sponsorizzata dalle emittenti private.
Il limite di 60 euro al giorno, sommati a tutti i problemi dovuti all'improvvisa chiusura delle banche, i disagi enormi per la parte più anziana della popolazione dovuti alla riscossione delle pensioni, hanno giocato un ruolo determinante, tant'è vero che immediatamente dopo l'ingresso in Capital Control il fronte del "si" è salito al 37% dall'iniziale 30% e il "no" è sceso dal 57% al 46%.
Dalla parte dei potenti d'Europa è stato fatto veramente il possibile per sostenere il "si", non solo con dichiarazioni politiche o personali, ma addirittura c'è stato il tentativo di censura rispetto all'annuncio della esposizione del debito greco da parte del Fondo Monetario Internazionale, debito evidentemente insostenibile. "Insostenibile" come da sempre viene definito dal governo greco.
Visto che l'argomento soldi e conti correnti ha funzionato benissimo allo scopo, dopo il Capital Control è stata propagata la notizia di un eventuale taglio dei conti correnti superiore a 8000 euro, notizia battuta dal Financial Time, cosa poi smentita e ritenuta improbabile da molti economisti, ma che sul popolo greco ha funzionato benissimo.
In sintesi, quanto descritto sopra porterà ad una probabile parità tra i due schieramenti, se non ci saranno sorprese inaspettate. Dopo il risultato si aprono quindi tre scenari diversi, che si possono solo ipotizzare, certezze non ce ne sono, perché come abbiamo visto fino ad oggi, tutto dipende dalle circostanze e dalle energie varie che intervengano in ogni sviluppo politico ed economico.
Se vince il "no"
Se vince il "no", il governo riceve di nuovo un mandato politico per tornare con più determinazione al tavolo della trattativa e cercare di ottenere un "memorandum" più "umano" e applicabile che non vada necessariamente ha colpire gli strati più in difficoltà della popolazione. Questo nuovo inizio della trattativa sarà una delle battaglie più difficili combattute in Europa. Si verificherebbe inoltre un precedente ottimo e utile per tanti altri popoli europei. Sarebbe un rafforzamento dell'attenzione e della solidarietà internazionale di tutti coloro che si sono già mobilitati a sostegno della Grecia. Nella migliore e forse "ideale" delle situazioni, sarebbe ottimo ottenere un ricompattamento dei vari partiti politici in appoggio al tentativo del governo, questo sulla base del voto popolare. Cosa che vedo molto improbabile vista la qualità dei vari personaggi e gli interessi specifici che molti partiti dell'opposizione hanno nell'applicazione del "memorandum" così com'è. L'ipotesi che ritengo più probabile e che viene in genere considerata più fattibile anche da altri è un rimpasto di governo. Il ministro delle finanze Varoufakis cambierebbe posto e non sarebbe più a diretto contatto con la commissione. Questo per rendere il clima più favorevole ad un accordo, visto che in molti, nel "salottino" dell'Eurogruppo hanno dimostrato antipatia verso il ministro greco.
Dal fronte delle dichiarazioni dall'estero il ministro tedesco W. Schäuble ha paventato, in caso di vittoria del "no" un'uscita temporanea della Grecia dall'euro e ha promesso "aiuti umanitari" per la popolazione.
Per quanto vi siano dichiarazioni di questo tipo, resta grossa la difficoltà per l'Europa, anche se parliamo di un'Europa completamente gestita dal governo tedesco, di espellere un paese dell'unione, anche se si è espresso ben due volte contro l'accordo imposto. Comunque è sicura una ritorsione del capitalismo internazionale verso il paese.
Se vince il "si" con un leggero margine
Se dovesse verificarsi una sostanziale parità o una risicata vittoria del "si", ipotesi che sembra la più accreditata, il primo ministro A.Tsipras, come ha dichiarato in precedenza, dopo aver applicato il volere popolare rispetto alla proposta in questione, si dimetterà. Affidando il procedimento di applicazione della proposta ad un governo di transizione con l'appoggio del Syriza. Dopo di che ci potrebbero essere nuove elezioni politiche nel giro di due o tre mesi. Non appena si è assestata un minimo la situazione economica.
C'è da considerare che, secondo alcune raccomandazioni e riflessioni provenienti dall'interno del governo, nel caso che il fronte del "si" vincesse, ma con un margine minimo, il primo ministro Tsipras non potrebbe dimettersi immediatamente, ma potrebbe chiamare al tavolo della trattativa i rappresentanti di altre forze politiche tutt'ora all'opposizione. Questo cambierebbe in sostanza gli equilibri politici e quindi gli obiettivi cercati dal governo di sinistra nella contrattazione. Ovviamente questo porterebbe alla perdita di una parte dell'attuale Syriza. In diversi non accetteranno questo compromesso. Anche questa soluzione porterebbe naturalmente ad elezioni nel giro di pochi mesi.
Comunque, ascoltando ciò che viene detto pubblicamente da Bruxelles e da Berlino, la Commissione è contraria a riaprire una trattativa con il governo Tsipras e sostiene con decisione la formazione di un "governo tecnico" come succede per tradizione in Europa ogni qual volta si prevaricano i margini della democrazia e si creano le condizioni per manipolare e gestire i popoli, imponendo con un modo o con l'altro gli interessi della finanza.
L'argomento principe sostenuto dall'ex-troika è che un governo (l'attuale governo) che non crede nelle riforme (macelleria sociale e svendita del patrimonio pubblico, naturalistico e archeologico) non potrà attuarle.
Questa considerazione stona anche se è collocata in un contesto di democrazia deteriorata come abbiamo adesso in Europa. Troveranno altri modi per gestire la situazione. Non sono da escludere altri meccanismi shock tipo il Capital Control, per limitare la liquidità, generare il panico e favorire la formazione di un governo tecnico.
Se vince il "si" con un buon margine
In questo caso, il primo ministro Tsipras si dimetterebbe immediatamente come ha dichiarato. Ci sarà un governo di transizione fino a nuove elezioni. La questione che ancora non è chiara è chi guiderà questa eventuale nuova forma di governo. Nel fronte del "si" trovano posto i più sputtanati soggetti politici degli ultimi anni e anche in una situazione del genere restano improponibili. Per il momento i nomi più accreditati sono quelli dell'ex primo ministro Kostas Karamalis e di Dimitris Abramopoulos.
Anche il nome di Stournaras, l'ex ministro dell'economia nel governo Samaras è tra i nomi in ballo, ma viene considerato "bruciato" si trova al momento a capo della Banca Greca e in un periodo di divisione e di tensione sociale avere un banchiere all'attuazione del "memorandum" sembra un po' troppo anche in Grecia.
I creditori hanno dichiarato che allenterebbero un po' le loro richieste in caso di un governo tecnico, ma l'esperienza insegna il contrario. Un governo tecnico, che non deve affrontare un costo politico alle elezioni è molto più libero di applicare provvedimenti più duri e spietati.
Queste le tre possibilità sul tavolo, come ho detto in precedenza sono delle ipotesi, tanto dipende dalle circostanze esterne che andranno a modificare gli avvenimenti. Per il momento non ci resta che aspettare il risultato del referendum che arriverà alle ore 21 di questa sera, 5 luglio 2015.
Sulla base del risultato referendario si possono ipotizzare tre scenari diversi. Se vince il fronte del "NO", quello del "SI" con un piccolo margine o la vittoria decisa del "SI".
Le cose potrebbero evolversi in questo modo.
In questi giorni di campagna elettorale referendaria abbiamo visto cambiare le percentuali del "no" e del "si" in maniera consistente. Immediatamente dopo il rifiuto dell'accordo imposto dalla ex-troika il 25 giugno e l'annuncio del referendum, le percentuali dei votanti orientati verso il "no" erano molto alte. Intorno al 57% per il "no" e 30% per il "si". Il rifiuto dell'accordo era quindi ritenuto, dalla maggioranza dei votanti una cosa giusta e veniva sostenuta. Il governo si era mostrato coerente con il proprio mandato elettorale, in più, dopo anni di "memorandum" il popolo greco conosceva benissimo il contenuto dell'accordo, forse non punto per punto, ma un'idea completa di ciò che significa vivere in regime di memorandum era chiara a tutti. Le posizioni del governo erano chiare: restare in Europa e nell'euro con un accordo applicabile.
In questo tempo che ha separato il giorno dell'annuncio del referendum da oggi, giorno in cui si vota, le percentuali del fronte del "si" sono incrementate fino a raggiungere una sostanziale parità. La proposta della commissione europea non è cambiata. I cittadini sono invitati ad esprimere un parere su quella presentata il 25 giugno e ritenuta "inapplicabile" dal governo. Altre proposte o modifiche di quella proposta non ve ne sono state. Che cosa è cambiato quindi? Che cosa è stato determinante per questo "cambio di opinione"?
Il regime di terrorismo psicologico a cui sono stati sottoposti i greci.
Questo ha determinato il variare delle percentuali di voto.
Dal giorno stesso in cui è stato indetto il referendum è iniziata una vera e propria pioggia di dichiarazioni dei vari Merkel, Schäuble, Schulz, Renzi, Hollande, Junker etc.. tesa a terrorizzare il popolo greco. Un rifiuto di quell'accordo è stato presentato come una sicura uscita dall'euro (Grexit) e un ritorno alla dracma. A più riprese i vari primi ministri degli stati europei hanno ripetuto le parole di Schäuble, appiattendosi ancora di più, se è possibile, sulle posizioni del governo tedesco. C'è da dire che la solidarietà dei popoli d'Europa è cresciuta in maniera proporzionale alle dichiarazioni dei vari politici del terrore.
Le televisioni private greche hanno poi giocato un ruolo sporchissimo. Da subito si sono schierate con il fronte del "si", vedendo in una vittoria del "si" un guadagno immediato, soprattutto economico. Il governo Tsipras è stato il primo della storia greca ha chiedere che le frequenze dei canali privati venissero pagate, com'è sempre stato per legge. Legge, disattesa completamente da tutti i precedenti governi che hanno usato l'impunità verso le emittenti come moneta di scambio per l'appoggio politico.
I canali privati hanno quindi sfruttato la campagna referendaria per sferrare un deciso attacco al governo. Ventiquattro ore su ventiquattro hanno dato spazio alla propaganda per il "si". Le proporzioni nei dibattiti televisivi erano in media un rappresentante ha sostenere il "no" e cinque per il "si". In più hanno pilotato e gestito la crescita del panico. Hanno iniziato a parlare con insistenza di file ai bancomat per mettere al sicuro i propri risparmi, riciclando immagini di repertorio di Cipro e puntualmente sono riusciti a generare le file vere ai bancomat. Hanno dato la notizia inesistente dell'assalto ai supermercati e di conseguenza hanno spinto il popolo greco ha rifornirsi di ogni genere alimentare in scatola e a lunga conservazione. Cose ridicole, ma perfettamente funzionanti in una società che in gran parte si nutre di televisione e si informa quasi esclusivamente da quella fonte.
Il fronte del "si", ovviamente non si poteva presentare come fronte per l'austerity e il sostegno al memorandum, quindi si sono caratterizzati distorcendo il messaggio, come fronte per l'euro e per l'Europa. Lo slogan era "Restiamo in Europa".
Ciò che è stato determinante è stato il Capital Control applicato alle banche greche per frenare l'emorragia di liquidità provocata dalla "caccia al bancomat" sponsorizzata dalle emittenti private.
Il limite di 60 euro al giorno, sommati a tutti i problemi dovuti all'improvvisa chiusura delle banche, i disagi enormi per la parte più anziana della popolazione dovuti alla riscossione delle pensioni, hanno giocato un ruolo determinante, tant'è vero che immediatamente dopo l'ingresso in Capital Control il fronte del "si" è salito al 37% dall'iniziale 30% e il "no" è sceso dal 57% al 46%.
Dalla parte dei potenti d'Europa è stato fatto veramente il possibile per sostenere il "si", non solo con dichiarazioni politiche o personali, ma addirittura c'è stato il tentativo di censura rispetto all'annuncio della esposizione del debito greco da parte del Fondo Monetario Internazionale, debito evidentemente insostenibile. "Insostenibile" come da sempre viene definito dal governo greco.
Visto che l'argomento soldi e conti correnti ha funzionato benissimo allo scopo, dopo il Capital Control è stata propagata la notizia di un eventuale taglio dei conti correnti superiore a 8000 euro, notizia battuta dal Financial Time, cosa poi smentita e ritenuta improbabile da molti economisti, ma che sul popolo greco ha funzionato benissimo.
In sintesi, quanto descritto sopra porterà ad una probabile parità tra i due schieramenti, se non ci saranno sorprese inaspettate. Dopo il risultato si aprono quindi tre scenari diversi, che si possono solo ipotizzare, certezze non ce ne sono, perché come abbiamo visto fino ad oggi, tutto dipende dalle circostanze e dalle energie varie che intervengano in ogni sviluppo politico ed economico.
Se vince il "no"
Se vince il "no", il governo riceve di nuovo un mandato politico per tornare con più determinazione al tavolo della trattativa e cercare di ottenere un "memorandum" più "umano" e applicabile che non vada necessariamente ha colpire gli strati più in difficoltà della popolazione. Questo nuovo inizio della trattativa sarà una delle battaglie più difficili combattute in Europa. Si verificherebbe inoltre un precedente ottimo e utile per tanti altri popoli europei. Sarebbe un rafforzamento dell'attenzione e della solidarietà internazionale di tutti coloro che si sono già mobilitati a sostegno della Grecia. Nella migliore e forse "ideale" delle situazioni, sarebbe ottimo ottenere un ricompattamento dei vari partiti politici in appoggio al tentativo del governo, questo sulla base del voto popolare. Cosa che vedo molto improbabile vista la qualità dei vari personaggi e gli interessi specifici che molti partiti dell'opposizione hanno nell'applicazione del "memorandum" così com'è. L'ipotesi che ritengo più probabile e che viene in genere considerata più fattibile anche da altri è un rimpasto di governo. Il ministro delle finanze Varoufakis cambierebbe posto e non sarebbe più a diretto contatto con la commissione. Questo per rendere il clima più favorevole ad un accordo, visto che in molti, nel "salottino" dell'Eurogruppo hanno dimostrato antipatia verso il ministro greco.
Dal fronte delle dichiarazioni dall'estero il ministro tedesco W. Schäuble ha paventato, in caso di vittoria del "no" un'uscita temporanea della Grecia dall'euro e ha promesso "aiuti umanitari" per la popolazione.
Per quanto vi siano dichiarazioni di questo tipo, resta grossa la difficoltà per l'Europa, anche se parliamo di un'Europa completamente gestita dal governo tedesco, di espellere un paese dell'unione, anche se si è espresso ben due volte contro l'accordo imposto. Comunque è sicura una ritorsione del capitalismo internazionale verso il paese.
Se vince il "si" con un leggero margine
Se dovesse verificarsi una sostanziale parità o una risicata vittoria del "si", ipotesi che sembra la più accreditata, il primo ministro A.Tsipras, come ha dichiarato in precedenza, dopo aver applicato il volere popolare rispetto alla proposta in questione, si dimetterà. Affidando il procedimento di applicazione della proposta ad un governo di transizione con l'appoggio del Syriza. Dopo di che ci potrebbero essere nuove elezioni politiche nel giro di due o tre mesi. Non appena si è assestata un minimo la situazione economica.
C'è da considerare che, secondo alcune raccomandazioni e riflessioni provenienti dall'interno del governo, nel caso che il fronte del "si" vincesse, ma con un margine minimo, il primo ministro Tsipras non potrebbe dimettersi immediatamente, ma potrebbe chiamare al tavolo della trattativa i rappresentanti di altre forze politiche tutt'ora all'opposizione. Questo cambierebbe in sostanza gli equilibri politici e quindi gli obiettivi cercati dal governo di sinistra nella contrattazione. Ovviamente questo porterebbe alla perdita di una parte dell'attuale Syriza. In diversi non accetteranno questo compromesso. Anche questa soluzione porterebbe naturalmente ad elezioni nel giro di pochi mesi.
Comunque, ascoltando ciò che viene detto pubblicamente da Bruxelles e da Berlino, la Commissione è contraria a riaprire una trattativa con il governo Tsipras e sostiene con decisione la formazione di un "governo tecnico" come succede per tradizione in Europa ogni qual volta si prevaricano i margini della democrazia e si creano le condizioni per manipolare e gestire i popoli, imponendo con un modo o con l'altro gli interessi della finanza.
L'argomento principe sostenuto dall'ex-troika è che un governo (l'attuale governo) che non crede nelle riforme (macelleria sociale e svendita del patrimonio pubblico, naturalistico e archeologico) non potrà attuarle.
Questa considerazione stona anche se è collocata in un contesto di democrazia deteriorata come abbiamo adesso in Europa. Troveranno altri modi per gestire la situazione. Non sono da escludere altri meccanismi shock tipo il Capital Control, per limitare la liquidità, generare il panico e favorire la formazione di un governo tecnico.
Se vince il "si" con un buon margine
In questo caso, il primo ministro Tsipras si dimetterebbe immediatamente come ha dichiarato. Ci sarà un governo di transizione fino a nuove elezioni. La questione che ancora non è chiara è chi guiderà questa eventuale nuova forma di governo. Nel fronte del "si" trovano posto i più sputtanati soggetti politici degli ultimi anni e anche in una situazione del genere restano improponibili. Per il momento i nomi più accreditati sono quelli dell'ex primo ministro Kostas Karamalis e di Dimitris Abramopoulos.
Anche il nome di Stournaras, l'ex ministro dell'economia nel governo Samaras è tra i nomi in ballo, ma viene considerato "bruciato" si trova al momento a capo della Banca Greca e in un periodo di divisione e di tensione sociale avere un banchiere all'attuazione del "memorandum" sembra un po' troppo anche in Grecia.
I creditori hanno dichiarato che allenterebbero un po' le loro richieste in caso di un governo tecnico, ma l'esperienza insegna il contrario. Un governo tecnico, che non deve affrontare un costo politico alle elezioni è molto più libero di applicare provvedimenti più duri e spietati.
Queste le tre possibilità sul tavolo, come ho detto in precedenza sono delle ipotesi, tanto dipende dalle circostanze esterne che andranno a modificare gli avvenimenti. Per il momento non ci resta che aspettare il risultato del referendum che arriverà alle ore 21 di questa sera, 5 luglio 2015.
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